LA DURA LOTTA SINDACALE DELLE PROSTITUTE

Si fa presto, anzi è molto facile, liquidare la questione con l’assunto del mestiere più vecchio del mondo. Lo si dice per giustificare, per perdonare, per minimizzare. Per fare spallucce nei confronti di chi ci va e di chi si dà.

Sul fatto che la prostituzione sia un lavoro, comunque, siamo quasi tutti d’accordo, per quanto indotto molto spesso dalla disperazione e dalla fame. Se non dalla violenza e dalla prevaricazione di certi tangheri. Quindi dovremmo essere anche d’accordo che si tratti di un lavoro rischioso, perché mette le lucciole in strettissimo contatto con perfetti sconosciuti i quali talvolta si rivelano violenti, brutali, disprezzando ciò di cui pure hanno appena fruito. Non è un caso che non si sia mai esaurito il dibattito sulla sicurezza delle case chiuse, che garantivano tra l’altro igiene, pulizia e appunto riparo dalle escandescenze di chicchessia. Nel frattempo, proseguendo le chiacchiere sul tema, il più antico mestiere del mondo continua ad essere esercitato per strada o tutt’al più in casa propria, alla mercé degli umori, delle depravazioni, delle perversioni dei clienti.

Alle prostitute qualcuno ha l’ardire di chiedere le tasse. Una pretesa corretta e democratica, di per sé, ma  noi ci dimentichiamo spesso che i contributi salatissimi che versiamo non devono solo garantire servizi pubblici, ma anche assistenza e tutela: sanità e pensione, tanto per cominciare. Tu mi devi dare, legittimo. Ma anche io ti devo dare, legittimo. Legittimo – in uno scambio tra Stato e popolo – esattamente come sulla strada o una volta nelle case chiuse: se tu mi dai, io ti do. (La differenza, direte voi, è che nel caso Stato e popolo la meretrice non è il popolo, ma è una vostra opinione).

A Bologna le “sex workers”, le lavoratrici del sesso, hanno allestito un vero e proprio convegno con tanto di coro “O bella ciao”, invocando alcuni diritti in cambio dei pretesi doveri. Guidate dalla loro pioniera dell’attivismo trans, la napoletana Loredana Rossi, non supllicano comprensione o accettazione (“Basta col criminalizzare un lavoro che non è reato!”), ma appunto tutela. Difesa. Loredana dice che il rischio non consiste necessariamente – o non solo – nell’incolumità dell’esercente, ma anche banalmente in un tacco rotto, in un furto, in una qualsiasi forma di sopraffazione. Paghiamo all’erario quello che c’è da pagare, come categoria, ma vogliamo qualcosa in cambio. Non ci dimentichiamo che la prostituzione non è una filiera, ma passa sovente attraverso traffici che spesso inghiottono minorenni e disperate. O disperati. Quello sì che è reato. Come avviene nello sfruttamento di un qualsiasi altro lavoro, nell’agricoltura, nell’industria, nelle consegne a domicilio…

Ridurre la vicenda a una mera questione fiscale o di previdenza non è la soluzione, ma per Loredana Rossi e le sue seguaci è un inizio. Quanto all’aspetto etico e ai suoi interrogativi anche religiosi, dal mistero irrisolto su chi fosse realmente Maddalena fino ai giorni nostri, mi rimetto alla secca sentenza di un uomo a lei molto vicino, che ebbe a dire a scribi e farisei: “I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel Regno di Dio”. Quell’uomo era Gesù Cristo.

Un pensiero su “LA DURA LOTTA SINDACALE DELLE PROSTITUTE

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *