E la voglia di farmi volentieri quattro chiacchiere con un vecchio antenato me l’ha fatta venire Giulia Nati. Non chiedetemi chi sia perché non la conosco e dubito ne avrò mai il desiderio. Dicono sia un influencer e, chissà perché, la cosa non mi stupisce.
Mi sono imbattuto in lei per caso, in quei quindici minuti dopo pranzo che dedico alla digestione e alla ricerca di informazioni su ciò che ci accade intorno. E ho visto la Giulia distesa su un letto, con il battito cadenzato e struggente del respiratore e la flebo attaccata… alle borse Hermès. Il messaggio è chiaro: aggrapparsi ad una sorta di ’linfa vitale’, alle tante luxury bag, con lo slogan “I need a new wish”, ossia “ho bisogno di un nuovo desiderio”, con riferimento alla wish-list alla quale è necessario accreditarsi molto tempo prima per ordinare un accessorio costoso della maison francese.
Un gesto a dir poco sgradevole (c’è chi la chiama “provocazione”), che ha il solo scopo di acchiappare like e commenti, ma che in realtà manca di rispetto ai veri malati, quelli che attaccati ad una flebo ci stanno per non morire, con un bel deflussore come cinghia della borsetta e una cartella clinica poggiata sulla pediera non ancora progettata a scattare selfie. Paragonare la propria voglia di lusso e shopping sfrenato all’aiuto che una flebo, nell’affrontare una malattia, può donare, si commenta da solo. E no, non fa ridere. Per niente.
Ma i noiosi siamo noi che non sappiamo sdrammatizzare, prendere la vita alla leggera. Tra i noiosi che non sono rimasti a guardare c’è anche Carolina Marconi, ex concorrente del Grande Fratello, che ha commentato: “Da ex paziente oncologico, questa immagine non mi fa ridere, anzi la trovo molto triste. Ti porterei a fare un giro in questi reparti per renderti conto davvero in che condizioni sono queste povere persone, poi vediamo come ti senti nel pubblicare una cosa così”. La Nati ha risposto che si trattava di un video pienamente simpatico, concludendo con un “tutto qui” che credo descriva appieno la sua povera consapevolezza.
Da questo contenuto ne ricaverà sicuramente tanta notorietà e a pochi importa – a lei no di sicuro – che per farlo si sia servita di un contesto che richiama alla sofferenza, quella vera, cruda, autentica. Ma è pur sempre vero che siamo di fronte all’ennesimo prodotto di una società che non sa più cosa inventarsi per ottenere approvazione. E che ha perso per strada le gerarchie dei valori, dei significati, di un comune senso logico. Quindi togliamo pure qualche responsabilità all’originale Giulia: tanto – a giudicare dalla sua reazione alle critiche ricevute – brancola ancora nel buio dell’incoscienza.