GUERRA AI DIPLOMIFICI, SPLENDORI E MISERIE

Valditara va alla guerra: degno del suo omonimo generale, il ministro pare aver scatenato, dall’estate scorsa, una campagna militare contro i cosiddetti “diplomifici”.

Vediamo di spiegare un po’ la faccenda a chi non sia espertissimo di cose scolastiche: vengono comunemente definiti “diplomifici” gli istituti privati che permettono ai loro, per solito facoltosi, iscritti di conseguire l’agognato diploma, senza troppa fatica, se non quella di sborsare una certa cifra. Una vera e propria scorciatoia per asini dal portafoglio gonfio, in definitiva. Il che sarebbe precisamente l’opposto del concetto di merito, sbandierato dal ministero ad ogni piè sospinto, tanto da averlo perfino inserito nella definizione del dicastero.

Era ora, verrebbe da dire: questo sconcio delle carriere scolastiche (e universitarie, aggiungo io) completate a colpi di bonifici doveva venire a galla, essere svillaneggiato e additato al pubblico ludibrio e, infine, sanzionato. Un’autentica task force è stata scatenata sulle tracce dei reprobi e le scuole beccate a ciurlare nel manico rischiano di non essere più considerate nel novero degli istituti parificati o pareggiati: il che significa, a un dipresso, il ritiro della licenza di spaccio di diplomi. Insomma, la guerra è dichiarata: sarà meglio che i rampolli dei generoni italici e i loro premurosi genitori si facciano quattro conticini.

Ciò detto, però, c’è un paio considerazioni accessorie che bisognerebbe pur fare. La prima riguarda il malcostume italico di fare di tutte l’erbe un fascio: la nostra influenzabilissima opinione pubblica, ondivaga ed incostante oltre misura nei suoi giudizi, a questo punto potrebbe trarre l’affrettata conclusione che tutte le scuole private siano dei “diplomifici” e che chiunque vi lavori sia una sorta di manutengolo o di corresponsabile della truffa. Il che, ve lo dico io, non è: ci sono fior di licei e di istituti privati che lavorano seriamente, trattando gli studenti-clienti con la giusta severità. E capita perfino che queste scuole vengano scelte dalle famiglie proprio perché in grado di fornire al rampollo un’educazione vecchia maniera, d’eccellenza, senza sconti. E’ il solito discorso delle élites: alcuni le vedono da un punto di vista patrimoniale e altri da quello spirituale. L’eterna lotta del sangue contro l’oro, se rendo l’idea. Perciò, non confondiamo gli istituti che puntano su recuperi mirabolanti di due, tre, quattro anni insieme e che garantiscono un diploma anche al più ciuco dei ciuchi con scuole di nobilissima e antica tradizione, che hanno fatto della serietà il proprio cavallo di battaglia.

Altro discorso si dovrebbe fare sulla definizione di “diplomificio”, che pare felicitare esclusivamente le scuole private. Sapete qual è stata la percentuale di promossi agli ultimi esami di Stato? Quelli tornati ai criteri selettivi e severi di prima del Covid? Tenetevi alla sedia: il 99,8%. Ricevuto il messaggio? Su mille studenti, la scuola statale ne ha fermati due. E’ una percentuale agghiacciante, che la dice lunga sull’arcigna severità della scuola pubblica, in materia di diplomi! E, allora, di cosa stiamo parlando?

Ve lo dico io di cosa stiamo parlando: da una parte c’è un vergognoso mercato delle vacche, messo in atto da istituti scolastici che, per denaro, sarebbero disposti a certificare il QI da premio Nobel di un ghiozzo, distribuendo pezzi di carta come fossero volantini. Dall’altra, però, c’è una scuola pubblica che diploma cani e porci, non per denaro, ma per paura o, peggio, per supina adesione ai folli dettami di certa pedagogia da retrobotteghe oscure. Paura del sempre minacciato e mai realizzato ricorso: paura dettata dalla coscienza della propria inadeguatezza professionale, ossia da una coda di paglia gigantesca. Oppure adesione a quell’idea demenziale per cui, per alzare i numeri dei diplomati, nelle statistiche OCSE (che, poi, chissenefrega?) basta rendere gli esami e i relativi scrutini una passeggiata di salute. Così, ditemi voi, altropensanti, una scuola che diploma il 99,8% degli esaminati è o non è un “diplomificio”? Legalizzato e certificato quanto si vuole, ma “diplomificio” resta.

Verrebbe da concludere, rivolgendosi a chi ci lavora: o tempora o mores. Ma ho il dubbio che potrebbero pensare che sia inglese e cercare la traduzione sul vocabolario sbagliato. Anche se hanno la certificazione C2.

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