QUEL 15ENNE TANTO MANSUETO COL PUGNO DA TERAPIA INTENSIVA

Un pugno in faccia, la caduta, il cranio fracassato. L’agente immobiliare Marco Nebiolo da più di una settimana è ricoverato in gravissime condizioni, vivo per miracolo dicono i medici. Ha pagato la colpa di essersi fermato al semaforo di Torino quando ancora non era scattato il rosso, così l’auto che sopraggiungeva ha tamponato la sua. Sono scesi da quella vettura in tre: un uomo, la sua compagna e il figlio di 15 anni. E’ stato quest’ultimo a sferrare il colpo che ha mandato al tappeto Nebiolo.

La ricostruzione della signora è accorata: “Mio figlio non è un violento, tempo fa aveva ricevuto uno schiaffo da una persona anziana mentre era in compagnia dei suoi amichetti. Loro ripresero la scena con i cellulari, lo incitarono a ribellarsi, ma lui non lo fece. Stavolta dev’essere accaduto qualcosa… Quando si sbaglia non si può che chiedere scusa. Ora il ragazzo è scosso e non sta andando nemmeno a scuola”.

Piccola creatura: è scossa. Non ha reagito quella volta là, del resto se passi cento volte sotto i 50 all’ora davanti a un autovelox, non è che per una volta che transiti a 80 all’ora ti debbano fare la multa per forza, o no?

Non ha neppure precedenti a 15 anni, anzi ne ha uno che lo scagiona perché certifica che trattasi del solito bravo ragazzo. Dev’essere successo qualcosa, quindi, dice mammina, altrimenti non si spiega. Sì, in effetti qualcosa è successo: anche lei e il suo compagno sono scesi dall’auto imbufaliti perché Nebiolo si era fermato all’incrocio. Evidentemente non erano a distanza di sicurezza, ma che c’entra? Quello lì frena e si inchioda col semaforo verde, o arancio, quindi – scusate – meritava una bella lezione perché – come avrebbe riferito un testimone – anche mammina si è data da fare con qualche calcio all’auto dell’agente immobiliare.

Per il codice della strada chi tampona ha sempre torto, dettaglio che ai gentili tamponatori è sfuggito. Dunque, qualcosa in effetti è successo così come ipotizza pacatamente la signora: lei e il suo compagno hanno dato l’esempio al bravo ragazzo, che ha messo insieme il piccolo incidente allo stop con quel ceffone mai restituito tempo fa. Mammina non ha raccontato perché mai un signore anziano avesse dato un manrovescio al suo angioletto.

Del resto ha pianto, mammina, e non sta ancora bene: vorrebbe andare in ospedale a dire alla famiglia di Nebiolo che lei, il compagno e il figlio non sono tipi aggressivi. Vorrebbe dire alla moglie e ai tre figli dell’agente: “Scusate se è in fin di vita, è scappato un colpo al ragazzino. Ci dispiace davvero”. Arrivederci.

Al vaglio del Procuratore c’è un altro paio di dettagli: per esempio, sembrerebbe che quando i vigili sono arrivati sul posto, la signora e il suo compagno c’erano, ma il ragazzino no. Fosse scappato via (un tassista però avrebbe riferito di averli prelevati insieme più tardi, magari si era solo nascosto mangiato dal rimorso), la sua posizione si aggraverebbe.

La vicenda riapre lo scenario del rapporto genitori-figli, delle intemperanze dei secondi giustificate, incomprese, minimizzate dai primi. Li lasciamo a psicologi e tuttologi.

Due domande sorgono invece spontaneamente a noi: quanta rabbia e quanta violenza ha sprigionato un bravo ragazzino di 15 anni, per mandare quasi al creatore un uomo di forte e sana costituzione? Quand’è che i legislatori si decideranno ad annoverare un pugno come un’arma vera e tutt’altro che impropria? Giudicando di conseguenza i colpevoli per tentato omicidio, non per semplice aggressione, siano essi mocciosi o maggiorenni destinati poi ai rispettivi tribunali.

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