QUEL 12ENNE CITTADINO DELL’ANNO, SE NON CI FOSSERO GLI ADULTI

Per carità, non tiriamo fuori De Amicis con i suoi bambini devoti al sacrificio e addirittura a un (laico) martirio. Perfino l’antica sfida tra Davide e Golia, con il piccolo ardimentoso che sovrasta il gigantesco bruto, poco si presta alla nostra necessità. Questa che stiamo per raccontare è una storia del Secolo Ventunesimo, una storia di coraggio del presente, di giustizia cercata e ottenuta, di sacrosanto rifiuto del male e di riconquista della vita.

Il tutto a opera di un eroe che, all’epoca dei fatti, ovvero nel 2019, aveva 12 anni, un’età nella quale è legittimo godersi le ultime dolcezze dell’infanzia in attesa dei turbamenti e delle malinconie dell’adolescenza. Il nostro dodicenne l’infanzia se l’era invece bruciata da un pezzo. Ti passa di colpo, quella, quando, in famiglia, un padre si comporta come si comportava il suo. Per anni l’energumeno ha trattato la moglie come un sacco da allenamento: pugni, schiaffi, perfino “calci in piena notte per impedirle di dormire” come riferiscono le cronache. La donna ha sopportato in silenzio, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, finché un (bel) giorno i carabinieri della stazione di Novellara, un centro della provincia di Reggio Emilia, non hanno bussato alla porta e ficcato le manette ai polsi dell’uomo, il perfetto ornamento per quelle estremità, come scriveva Dickens della catena applicata alle caviglie di Sikes, l’assassino di “Oliver Twist”.

Siccome in Italia la giustizia corre come una Ferrari ad Abu Dhabi, ci sono voluti circa tre anni da quel giorno (e otto dall’inizio delle violenze) per avere la conferma in Appello della condanna a 6 anni di reclusione (per i reati di maltrattamento in famiglia, lesioni personali e violenza sessuale) nei confronti dell’uomo e per l’emissione del relativo ordine di carcerazione.

Tutto questo non sarebbe successo senza la denuncia presentata proprio dal figlio che, a 12 anni, ha infine stabilito di aver già visto troppe brutte cose nella vita: doveva salvare la madre e anche se stesso e il suo diritto a crescere in una casa in cui le botte non fossero all’ordine del giorno quanto e forse più della minestra. Così facendo ha vinto la paura e fatto saltare per aria quell’istituto circondato da mura di cemento armato che si chiama famiglia: tassello fondamentale della struttura sociale quando protegge e guida, prigione capace di occultare ogni sorta di nefandezze quando si corrompe.

Forse non ci abbiamo fatto caso, ma quello di Reggio è il secondo dodicenne che nel giro di pochi mesi si ribella alle follie degli adulti e pretende di tornare a godere dei benefici cella ragione e della pace. Il primo, un olandese, ha convinto il tribunale a scavalcare il padre, ostinato no vax, per garantirgli con una sentenza la possibilità di vaccinarsi. Oggi leggiamo del coraggio di un ragazzo capace di marciare contro la paura e le cosiddette leggi del sangue e della tradizione per riaffermare il diritto a immunizzarsi contro la violenza e l’ignoranza.

Verrebbe la tentazione di eleggerlo per acclamazione italiano dell’anno, non fosse che questi riconoscimenti vengono deliberati dal mondo adulto, oggi, come sappiamo e vediamo, privo di qualunque credibilità. Lui sì che avrebbe le carte morali in regola per scegliere l’adulto più meritevole del 2021. Più meritevole? Facciamo il meno peggio, e per quest’anno accontentiamoci.

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