QUANDO IL BAMBINO SCOPRE IL CAOS

Una paziente mi ha raccontato quanto la sua vita sia stata influenzata dalla morte del padre, avvenuta quando lei aveva 7 anni. Ovviamente tale evento modificò assetti familiari e condizioni materiali, ma dal punto di vista psicologico la questione più rilevante è che lei sviluppò la fantasia, mai confessata, di essere in qualche modo responsabile di quanto avvenuto, magari a causa di qualche marachella innocente.

Ora lei stessa mi chiede quanto questa credenza fosse ancora presente oggi, a distanza di 35 anni, e come abbia influito sulle sue scelte adulte.

Da cosa deriva un pensiero simile, peraltro non raro nei bambini che subiscono tale lutto?

Io credo che in un evento del genere, accanto al dolore per la perdita, la cosa più spaventosa per un bambino sia la comparsa dell’imprevedibile. L’affetto e la vicinanza di un genitore rappresentano certezze assolute su cui fare affidamento, così come è sicura l’esistenza di un ordine nella vita e una qualche idea di giustizia. Laddove vi era prevedibilità e consequenzialità causale compare all’improvviso il caos, con la scoperta terribile che tutto può accaderci all’improvviso, senza logica e senza senso. Alla mente infantile spetta il difficile compito di ristabilire un criterio di ordine, cercando una logica e una spiegazione a qualcosa che spiegazione non ha.

Il bambino si trova prematuramente a confrontarsi con le paure essenziali dell’uomo: l’assenza di controllo totale sulla realtà, l’incertezza della vita, l’accesso del caso, dell’imponderabile, la propria inconsistenza di fronte al destino. La scoperta di essere piccoli moscerini al confronto degli anni luce e di un cosmo infinito.

La “soluzione”, per quanto del tutto involontaria e inconsapevole, di sentirsi responsabili rappresenta quindi una strategia di compromesso, molto dolorosa ma dotata di un vantaggio. Pur di evitare il timore più grande, quello di vivere in un mondo totalmente privo di controllo, in qualche modo preferiamo sentirci responsabili di ciò che è avvenuto, anche a prezzo di una grossa quota di sofferenza. Meglio illudersi che dipende da noi. Se ci comporteremo bene, la faremo franca.

Anche la superstizione si basa su un meccanismo simile. L’illusione di poter incidere con i miei comportamenti su quanto mi sta a cuore (dalla vincita della mia squadra di calcio, all’esito di un colloquio lavorativo o di un esame medico), per quanto sia irrazionale e illogica, è pur sempre preferibile all’impotenza e alla rassegnazione di dover subire passivamente gli eventi. Io so benissimo che non dipende dalla mia posizione sul divano o dalla maglietta che indosso se la squadra segna o meno, eppure continuo a praticare i miei piccoli rituali.

Ovviamente, nel caso del bambino che si attribuisce colpe che non ha, il prezzo da pagare è molto alto. Ma forse ciò ci aiuta a comprendere quanto per l’uomo sia atavica e profonda la paura che la vita possa sommergerci all’improvviso, senza colpe e senza senso.

Un pensiero su “QUANDO IL BAMBINO SCOPRE IL CAOS

  1. cristina dice:

    La paura è sovrana nelle nostre vite, nella conduzione dei nostri rapporti, progetti, azioni, intenzioni. L’elaborazione passa dalla consapevolezza e dalla riflessione, e purtroppo spesso manca. Spesso manca negli adulti che dovrebbero autonomamente comprendere che la vita può cessare da un momento all’altro e fare di questa sapienza forse il punto di partenza per una visione diversa, meno focale e più estesa della nostra presenza nel mondo, soprattutto in merito all’utilità e alla ricchezza dell’esperienza che siamo chiamati a vivere nell’angolo in cui siamo nati e a quanto questa sia legata a tutto ciò che ci circonda. Manca ancor più nei bambini che vengono spesso allontanati dal concetto di morte, sono protetti come se quella cosa brutta non dovesse mai colpirli, come se la natura o gli eventi avversi avessero poco spazio. Come se potessimo controllare tutto. E’ questo il concetto più pericoloso, il pensiero del controllo. Quello che si insinua come senso di colpa per riuscire in qualche modo ad incanalare un evento drammatico e quello che diviene forza demolitiva quando il desiderio di prevalere su ciò che accade supera tutto il resto, priva l’emotività di oggetti . Parliamo ai bambini della morte dei nonni, degli animali, della gente in guerra. Parliamo come di un evento che per diversi motivi non è nelle nostre mani. Creiamo spazi valoriali solidi perché il nostro pensiero sia arricchito da valori che vengono prima, riempiono e superano l’assenza, il vuoto.

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