La casistica delle beghe familiari nelle imprese italiane ha dei precedenti molto famosi. Il più illustre si riferisce ad un’altra eccellenza tricolore, l’Esselunga. Il patron Bernardo Caprotti nel 2004 liquidò in un sol colpo i figli Giuseppe – AD del gruppo – e Violetta, nonchè un bel numero di dirigenti, perché per niente soddisfatto dalla gestione. Era il tempo della guerra alla Coop e la catena lombarda di supermercati stava per espandersi e porsi come l’unico baluardo italiano privato contro la grande distribuzione straniera. L’approccio da padre-padrone del capostipite non lasciava spazio a tentennamenti. Le leggende metropolitane riferiscono di un riunione drammatica in cui viene data unilateralmente la notizia, mentre alcune auto blu trovano parcheggio nel piazzale per accompagnare fuori dall’azienda i top manager il giorno stesso.
Non va meglio a Claudio Del Vecchio, figlio di un altro grande italiano, Leonardo, fondatore di Luxottica. Con meno rumore, ma anche lui viene messo da parte a favore di manager esterni.
Più o meno stesso destino per Andrea Merloni, figlio del grande Vittorio creatore dell’Indesit, mai in grado di conquistarsi la fiducia del padre, che preferisce mettere più volte la sua azienda nelle mani di esperti assunti da fuori.
L’elenco è lungo, la storia di epurazioni familiari è diffusa, soprattutto quando parliamo di un paio di generazioni fa. Il fenomeno si attenua con gli imprenditori più giovani, le nuove grandi imprese oggi sono di stampo digitale e nascono più come start-up, che hanno meno bisogno del pugno di ferro e della pervicacia ossessiva tipica degli “uomini soli al comando”.
Per la vicenda del “re dei polli” dovremmo sapere bene come sono andate le cose prima di stampare giudizi manichei. Nelle possibili interpretazioni, oltre ai rumors sui dissidi familiari, ci può anche stare tranquillamente la più semplice, che le prestazioni della ram-polla non siano state all’altezza e che sia stata trattata davvero come una qualsiasi manager. Se viene meno il rapporto fiduciario, l’uscita è assicurata. Oneri e onori del ruolo. D’altra parte le storie aziendali sono costellate di interruzioni del rapporto di lavoro con i dirigenti, ma pochi hanno cognomi famosi che fanno notizia.
Egr.Dott. Gherardo Magri,
se le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, non si vede perché l’aurea regola non debba valere in termini di reciprocità.
D’altronde , un Tizio che la sapeva lunga ammonì ad onorare il padre e la madre.
Il discorso, a mio avviso, è già chiuso.
Cordialità.
Fiorenzo Alessi