OGNI UOMO HA UN SUO COLORE, DENTRO

Qualche giorno fa mi ha telefonato la moglie di un nuovo paziente, molto preoccupata che il marito non mi dicesse tutta la verità sulla loro situazione coniugale e offrendosi di darmi delucidazioni. Mi ha spiegato quanto fosse assolutamente necessario mettermi al corrente di alcune informazioni, per evitare che mi facessi un’idea distorta della loro condizione familiare, mettendo a repentaglio l’importante lavoro che stavo conducendo.

Ho rassicurato la signora in merito alla sua richiesta, invero frequente tra i parenti di chi svolge una psicoterapia e che rappresenta sempre un tentativo di ingerenza e di controllo, sia pur in buonafede. In ogni caso, mi ha dato da riflettere.

Le persone ci portano storie. Raccontano al terapeuta non una realtà oggettiva, ma il proprio modo soggettivo di narrare la propria esistenza. Lo facciamo tutti, ci raccontiamo la vita a modo nostro, credendo sinceramente di aver patito ingiustizie, torti subiti, offese immotivate, in genere sottovalutando la propria responsabilità in ciò che ci succede.

Non è compito dello psicoterapeuta ricercare la vera verità, non deve svolgere un’indagine investigativa. Io, ad esempio, lavoro su questa storia, sul racconto che mi viene offerto, prendendolo sempre per buono. Non debbo verificarne l’autenticità né, immaginando che il racconto orale sia simile a un racconto scritto, compiere una sorta di critica al testo letterario.

Come ha già detto meglio di chiunque altro M. Proust, un viaggio di scoperta inizia nel modificare gli occhi di colui che guarda.

Uno psicoterapeuta non ha il potere di cambiare il paesaggio esterno attorno al paziente, non abbiamo il potere di modificare la realtà, ma è possibile dare ad essa un senso diverso. Un lutto resta un lutto, un tradimento quel che è, lo stesso vale ad esempio per un licenziamento ingiusto. Ma si può provare a guardare in modo diverso a questi accadimenti, intrufolando una speranza, un dubbio o una nuova certezza.

Continuando a usar metafore, il mio lavoro può rassomigliare a quello di un pittore che interpreta un’opera altrui. Immaginate che il racconto di ogni storia personale sia immerso in un colore. Alcune storie hanno tinte molto fosche. Non cambio le storie, ma dove c’è nero, marrone scuro, aggiungo un po’ di azzurro, del giallo, del verde. A volte, dove sembra tutto grigio, lascio intravedere scie rosse di passione. Propongo letture alternative dello stesso racconto, aprendo a finali diversi.

Ecco, ora so che, negli anni, questo ho imparato a farlo.

 

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