La gestione della Sanità dovrebbe essere uno dei termometri della civiltà di un Paese e dalle nostre parti da tempo la linea di mercurio segnala freddo e gelo.
Su “Repubblica” Michele Bocci mette di nuovo il dito nella insanabile piaga tra pubblico e privato, a proposito del fiorire di Pronto soccorso a pagamento che sfruttano l’incapacità del servizio pubblico nel far fronte in modo efficace alle richieste urgenti. Da qualche parte, nel bel Paese, questi poliambulatori di primo soccorso e medicina d’urgenza vengono pure finanziati con soldi pubblici ed è una roboante sconfitta.
L’ammissione di un fallimento annunciato, una caduta libera che nessuno sembra avere intenzione di frenare, una rotta che molti contestano, ma nessuno pare avere forza e volontà di invertire.
Gli ambulatori privati per la medicina d’urgenza costano cari, a volte non sono attrezzati per effettuare gli esami necessari, in Veneto la Regione segnala ai Nas uno degli ultimi arrivati in quanto inadeguato, ma è un fatto che siamo di fronte a un terribile cortocircuito che nessuno vuole aggiustare.
Ci si lamenta, si bofonchia, si arranca e qualcuno muore, ma intanto si procede. La linea è chiara, rafforzare l’idea di una Sanità privata inevitabile per sopperire a quella pubblica ormai rantolante. E il privato gongola, perché non sarà certo avere a che fare con la salute, la vita, la morte delle persone a frenare il profumo dei soldi. Qualcuno muore, molti non si curano, ricorrere a un esame privato è inevitabile per chi può, eppure la protesta e l’indignazione paiono sommesse, rassegnate. A volte nei discorsi emerge pure un certo preoccupante orgoglio, per avercela fatta a ottenere l’esame o la visita privata, per esser riusciti comunque a pagarsela.
La verità, almeno una delle verità, è che siamo presi da altro e non dall’essenziale. Ci accorgiamo dello sfacelo quando stiamo male, dove invece dovremmo preoccuparcene sempre e comunque, per prevenire. La verità è che servirebbe una rivoluzione, a partire dalle Università e dai numeri chiusi, dagli ambulatori delle strutture pubbliche usati privatamente, da una medicina di base ormai concepita come consultazione e non più già operativa, una medicina che ormai quasi si ritrae quando deve toccare il paziente. E da tutto il resto.
La protesta si sente però più al bar che nel discorso politico. Un giorno sì e il giorno dopo pure la sinistra dovrebbe occuparsi di questo tema, per statuto mi pare di poter dire, e invece è tutta presa dalla candidatura della segretaria al Parlamento Europeo, dove ovviamente non andrà mai.
Siamo seri, se si vuole combattere, si combatta, ma ferocemente e con un pensiero forte e chiaro. Così i nostri cari studenti e le associazioni ambientaliste. Ognuno sceglie le cause che ritiene, ma sarebbe sano e confortante vedere intransigenza anche per uno dei temi fondanti della civiltà: il diritto alla salute e alla cura. Salute e cura dei loro genitori, dei loro nonni, la loro e dei loro figli, un giorno.
Ma si sa, c’è sempre una causa più esotica del povero cristo che muore dietro l’angolo perché non può curarsi.