PIU’ INSOPPORTABILE IL CLAMORE CHE LA LAUREA DELLA MODELLA INFLUENCER

Questa Carlotta Rossignoli ha messo in piedi un bel vespaio. Laureata in tempi record in Medicina all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e oggetto di affilate critiche per presunti favoritismi che le sarebbero stati offerti per accelerare i tempi, la Carlotta è una rampolla più che benestante, eufemismo ma di per sé non una magagna, amante dei viaggi, influencer parebbe anche, presenza fissa pure in TV e che ha potuto contare, nientemeno, sulla difesa d’ufficio di Burioni il virologo, del resto sanraffaelita conclamato.

Una vera zizzania insomma, la Carlotta, un’erba infestante onnipresente e antipatica a priori. Una che è ricca sfondata, via l’eufemismo, può viaggiare dove, come e quando vuole, frequenta scuole esclusive fino al liceo e poi gode, pare, di sentieri privilegiati pure all’università. Insopportabile, a priori appunto, come chiunque voglia e possa arrivare prima degli altri, anche troppo prima degli altri.

Antipatica come quei pargoletti brufolosi che si diplomano e si laureano dimenticando, non sapendo in realtà, quanto sia bello giocare, bersi una birra al pub, ubriacarsi ogni tanto, trascorrere serate con gli amici ad ascoltare musica, cercando di capire dove finisca e dove cominci l’infinito.

Uno di quei tipi che avvertono ostili le cause perse insomma, uno di quei tipi che corrono, al passo coi tempi e speriamo usino combustibile da transizione ecologica.

Però, al di là delle antipatie, dei sospetti, dei presunti favoritismi, mi è scappata l’attenzione sui commenti dei coetanei e dei compagni di università. Non su quelli velenosi, quelli forse pure invidiosi, comunque quelli pungenti e bellicosi nei suoi confronti, no. L’attenzione è scappata sui molti commenti che interrogano lo stato dell’informazione, della trasmissione di notizie e della cultura in generale: perché tanta attenzione su questa figlia di papà, nata con la camicia, e poca o nessuna attenzione, comunque espressa con la sordina, nei confronti di chi per motivi fin troppo ovvi fa una fatica d’inferno per potersi laureare, volesse il cielo nei tempi canonici.

Dice Chiara di Taranto, messaggio pubblicato su Instagram e circolato poi ovunque, come molti altri: “Ma ancora con questa storia? Ma perché non fate un articolo su tutti i ragazzi che lavorano, studiano, aiutano i familiari, hanno un rapporto sano con lo studio e la vita universitaria? Perché dobbiamo sempre fare questo elogio a chi fa prima di tutti, mette davanti lo studio al sonno?….”

Ecco, perché? Rincara esselifestyle: “io invece che ho dovuto lavorare per laurearmi e mi sono laureata con il massimo dei voti (ovviamente non in tempi record) per lo stato sono il nulla più assoluto. Ho contribuito alla società mentre studiavo e chissà quanti come me. Scrivessero un articolo su di noi”.

Tutto qui, non servono altre parole, sebbene ve ne siano e ben più affilate. Già, perché non parliamo invece di tutte quelle noiose, ordinarie, insignificanti persone che privilegi non ne hanno e annaspano, lavorano, sudano, vivono nell’incertezza, ma alla fine pure loro si laureano e bene tra l’altro?

La risposta è chiara, perché sono noiose, banali, nemmeno fanno rumore, nemmeno le si nota e come sarebbe possibile del resto? Anche loro fanno mille cose, corrono di qua e di là e poi stanno recluse per ore, giorni, anni a studiare a prepararsi per diventare medici, ingegneri o qualunque altra cosa sia nei loro sogni.

Saranno stati medici, ingegneri, o qualsiasi altra cosa vogliano essere peggiori di chi ha tagliato il traguardo per primo, con o senza favoritismi?

E poi, detto in modo franco e un po’ irritato, saranno state davvero così banali, ordinarie e noiose queste persone, oppure a far la differenza è il romanzo che viene scritto ogni giorno da chi racconta come vanno le cose?

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