Doverosamente, prima, pensiamo alle cinque persone morte negli abissi dell’oceano e al cordoglio per le loro famiglie. A lungo siamo stati incollati alla tv per seguire la loro vicenda umana, scoprendo che c’è ancora interesse per il Titanic e dintorni. Credevo che dopo il celeberrimo film e altri servizi o commemorazioni nei vari anniversari, avessimo dimenticato definitivamente la tragedia del 1912. Sappiamo tutto e abbiamo visto e letto di ogni, interviste, ricostruzioni storiche e digitali, conosciamo quasi per nome gli sfortunati passeggeri di quel transatlantico (quasi) inaffondabile. Alzi la mano chi non è stato mai coinvolto anche solo per brevi tratti.
Se non ci fosse stato il drammatico incidente del piccolo sommergibile – sinistramente chiamato Titan, abbreviazione dell’originale -, avremmo dormito sonni tranquilli con la colonna sonora di Celine Dior a farci da ninna nanna. Invece, ci dobbiamo occupare di cronaca nera. Anche in questo caso le informazioni sull’equipaggio non ci mancano: per semplificare, composto da due super tecnici appassionati e tre multimilionari. Perché quei cinque si sono convinti di farsi chiudersi in una scatoletta sigillata e mettere a rischio la propria vita? Qualcuno dirà che si tratta di avventure estreme e che oggi è abbastanza normale assistere a queste eccentriche sfide, qualcun altro dirà che ognuno fa quello che vuole sia della propria vita che dei propri soldi. E via di questo passo. Temo anche che una non piccola minoranza silenziosa li possa considerare una sorta di eroi dei giorni nostri, o quantomeno dei Navy Seal coraggiosi e valorosi.
Io, invece, vorrei impietosamente rovinare la festa di questi commentatori da sofà e dire ciò che penso: qui si tratta di vero voyerismo macabro per ricconi, ormai stanchi di fare viaggi orbitali, di essersi calati già nelle fosse della Marianne, aver raggiunto il Polo Sud con Buzz Aldrin ecc. ecc., per potersi vantare poi di tutti questi record negli ambienti giusti. Sì, macabro, perché aggirarsi nelle oscurità degli abissi dove sono annegati 1.500 cristiani è come andare nei cimiteri di notte per vedere che effetto fa. E’ esattamente come quel turismo osceno scatenato dalla Costa Concordia adagiata di fronte al porto dell’isola del Giglio: solo che lì bastavano sì e no una cinquantina di euro tra il prezzo del biglietto del traghetto più pizza-birra-dolce-caffè, nel caso del Titan ci sono voluti 250.000 dollari a testa. Questa cosa di estremo ha solo la stupidità e la morbosità nel voler guardare, da super privilegiato, attraverso il buco della serratura della storia. La mia reazione emotiva è piatta, non riesco a commuovermi nemmeno per un attimo, a parte la carità cristiana di cui sopra.
Non voglio però lanciare anatemi moralisti, mi piacerebbe soltanto che usassimo la nostra testa per pesare questi avvenimenti, girare pagina e tornare ad occuparci delle piccole-grandi cose quotidiane, di cui la nostra vita è strapiena, qui in superficie.
Ma si, un gancio mediatico come un altro, uno stimolatore di immaginazione nera, un sollecitatore di adrenalina a distanza. Niente di più facile, anche questa un’occasione messa sul vassoio, e quando il vassoio è pieno le mani si allungano sempre, la sete di eccitatori anti-noia non manca mai. Riusciamo ad essere protagonisti di voyeurismo cinematografico sempre, figuriamoci quando gli eventi sono ammantati da una sorta di nebbia epica. Poveri i morti comunque e sempre, questo ovvio e non secondario.