Trionfale domenica in casa Elkann. La Ferrari di Leclerc si ferma per spegnimento del motore in Bahrein, la Juventus di Allegri va fuori giri a Roma, totale: un disastro annunciato, però tenuto sotto vuoto come si usa con la vettura di Maranello e il gruppo calcistico di Torino.
In entrambi i casi la proprietà non fiata, l’Ingegnere è occupato su faccende più serie di un circuito e di un calcio d’angolo, ma nel popolo ferrarista e juventino il malumore cresce come la sensazione che gli Agnelli, nel senso di Elkann erede, non abbiano compreso che non è più il tempo delle promesse, le chiacchiere stanno a zero, anzi a meno quindici per la Juventus, e l’episodio fantozziano sul circuito automobilistico dell’emirato non trova spiegazioni logiche. Il francese Vasseur vale tutti quelli che lo hanno preceduto, i fans della rossa rimpiangono Luca Cordero come la folla bianconera risogna Del Piero e Platini.
Di tutto questo troverete poche righe critiche sui fogli quotidiani, si scrive di sfortuna alla voce pali e gomme, ma il problema sta in testa, mancano capi veri e decisi in entrambe le scuderie, servono manager e uomini di campo e officina, Ferrari e Juventus erano il distintivo d’oro della famiglia che, a dire il vero, più non esiste in quanto tale.
Si spiega così lo slogan che ha accompagnato l’avventura del presidente bianconero che fu: fino alla fine. Appunto. Fine.