IL CUORE DI SOFIA, COSI’ MALATO E COSI’ GUERRIERO

E’ proprio bella, Sofia. Lisci capelli color grano fin sotto alle spalle, zigomi carnosi, sorriso così ampio che le socchiude gli occhi pungenti, fisico da modella. Si chiama Sacchitelli di cognome, è di Genova e studia medicina, ha 23 anni: si sta costruendo un futuro che non vedrà, sta lavorando sodo per un futuro che non vivrà. Lo sta facendo con una forza d’animo inarrivabile per noi comuni viventi.

Qualche mese fa la diagnosi: jella sfrontata. Niente di scientifico, ma una spiegazione molto esaustiva per descrivere il rarissimo tumore al cuore da cui è stata colpita: angiosarcoma cardiaco, un fulmine che centra due-tre persone su milioni e milioni…

Prima un po’ di tosse, poi febbre, nausea, vomito, le gambe che si ingrossano. Inizia il calvario, perché di questo si tratta ed ed è ingiusto definirla battaglia: chemio, incoraggiamento dei dottori e della mamma, il pessimismo del papà, i primi risultati molto incoraggianti, infine quel nemico maledetto prende il sopravvento e – dopo un’iniziale riduzione – si espande sempre più, attacca anche i polmoni, i tentacoli si aggrappano alla sua esistenza prendendo poco tempo per strappargliela via.

Sofia si abbatte, è travolta da depressione e crisi di panico, ma rialza la testa. Non è così che deve andare: quel che mi resta, lo metterò a frutto. Si dà alla cucina, alla palestra, allo studio, agli incontri con amici e parenti. Sebbene costretta ormai in casa con poche forze, energie residue, fonda “Sofia nel cuore”, un’associazione volta alla raccolta di fondi destinati alla ricerca sulla rarissima malattia che l’ha centrata in pieno.

Non lo fa per lei, è consapevole che il suo destino sia segnato: lo fa, appunto, per il futuro. Per cercare di aiutare, salvare chi ne verrà colpito dopo di lei. Ecco quando e dove si fa strada il coraggio, quando e dove inizia la battaglia: non contro il tumore, ma contro il tempo. Contro la rassegnazione.

Ha preparato lei la treccia genovese, impasto di pizza farcito con il pesto, per la cena di compleanno della sorella. Si è stancata per farlo, quasi stremata perché adesso fa fatica a camminare, ma parla e sorride. Non smette di parlare e sorridere: “Mi sono data anima e corpo al progetto che avevo in testa. Non è stato semplice, ma ce l’ho fatta. L’associazione cui ho dato vita è una bella realtà. E forse, in un certo senso, anche il mio futuro”.

Aveva pensato alla resa, tempo fa. L’hanno incoraggiata ad andare avanti, a prendersi scampoli di tempo. Scelta che ha fatto e che le ha allungato i giorni, qualche settimana, per portare avanti quell’idea, la sua eredità. La Sampdoria, di cui è tifosissima sin da quando era bambina, ha dato spazio e risalto alla sua storia e alla sua iniziativa, sostenendola con grande slancio. Non pensa più a spegnere la luce, ci penserà quel male infame. Lei nel frattempo prova a beffarlo inseguendo la laurea, qualche manicaretto ai fornelli, e ancora sorrisi, sorrisi per tutti. Fa fatica ormai ad alzarsi, vestirsi, uscire, andare all’università. Le piacerebbe trascorrere ancora una giornata così, un piccolo infinito desiderio per lasciarsi alle spalle il buio che incalza.

Come sembra tutto così piccolo, dopo aver scritto questa storia, guardando fuori dalla finestra. Come sembra tutto così piccolo, al cospetto della gigantesca anima di Sofia, una potenza scaraventata in un futuro che avrà, eccome. Eccome, se avrà un futuro. Sorvegliandolo, proteggendolo, regalandolo a noi comuni viventi, accompagnato dal suo sorriso immortale.

Un pensiero su “IL CUORE DI SOFIA, COSI’ MALATO E COSI’ GUERRIERO

  1. Cristina Dongiovanni dice:

    Un futuro miracoloso, fatto della sua dignità, della sua lezione. Per sempre si può vivere, se rimaniamo nel nostro essere metafisico, slegato e molto più reale della nostra fisicità.

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