PERCHE’ CAPISCO IL MEDICO CHE PRENDE A MAZZATE IL TELEFONO

Per 40 anni è stato il medico di base di Guastalla, nella Bassa Reggiana. Durante la festa organizzata in piazza per il suo pensionamento, il dottor Ugo Gaiani si è messo maglietta e cappellino dei San Antonio, ha preso una mazza e al posto della pallina da baseball ha usato il telefono fisso che aveva in ufficio, appoggiandolo su un ripiano e riducendolo in briciole con una serie di colpi senza nessuna parentela con Joe Di Maggio. Vere e proprie rabbiose martellate.

Lo descrivono come uno votato al buonumore e all’allegria, come è facile trovarne in Emilia, quindi il dottor Ugo si sarà goduto assai più le risate dei presenti piuttosto che irritarsi per i commenti postumi dei politically correct, che hanno definito il suo “un gesto diseducativo”, dopo che “Il Resto del Carlino” ha pubblicato notizia e video dello sfogo.

“Negli ultimi anni la reperibilità era diventata un incubo”, ha spiegato il dottor Gaiani. “Sono arrivato a lavorare 16 ore al giorno, dormendo poco la notte. Ma più che la pandemia e il lockdown, diciamo che il peggio è arrivato col post Covid. La gente in generale è diventata più cattiva, più maleducata. Molti rapporti si sono incrinati, l’emergenza sanitaria ha cambiato le persone in peggio. Pazienti sempre meno pazienti, il nostro lavoro non bastava mai”.

Come detto, ai saluti affettuosi dei suoi concittadini ha fatto seguito lo sdegno dei perbenisti. Non so, non capisco esattamente cosa ci sia di diseducativo in un gesto goliardico che non fa male a nessuno. Infatti non è l’episodio di per sé che interessa: rispetto l’impegno ultradecennale del dottore, il soffocamento che deve aver vissuto in questi ultimi difficilissimi anni, per gli operatori sanitari e per la salute dei cittadini. Non ci fossero stati i soliti social, il solito video e l’acuto ripescaggio del medesimo da parte del “Carlino”, si sarebbe risolto tutto con quattro risate e un paio di fiaschi di Lambrusco. Invece siamo qui a parlarne.

Il telefono è un nostro amico, è uno strumento vitale, è stata una delle invenzioni che hanno cambiato la storia dell’umanità e con essa quella del lavoro e dei rapporti. L’evoluzione, perché di evoluzione si tratta, avvenuta con i portatili e poi con i cellulari ha aperto un altro mondo, a condizione di non farlo diventare una causa di ossessione. Molti giovani stanno scegliendo la strada di rinunciarvi, per lo meno nelle ore di studio o di aggregazione. Il telefono fisso è quasi un reperto archeologico, se non appunto negli uffici, nelle aziende, negli studi medici…

Qualche volta, anche i telefoni fissi purtroppo si sono trasformati in un incubo, per mille ragioni come l’attesa, o addirittura il silenzio, perché il telefono che non suonava nella nostra gioventù a volte significava che lei (o lui) non ci stesse pensando: lo cantava Venditti in “Buona domenica”, “passata in casa ad aspettare, tanto il telefono non squilla mai”. Ha usato lo stratagemma Sergio Leone in “C’era una volta in America”, con quella serie di driiin che ho provato a contare molte volte nella trentina in cui ho rivisto quel capolavoro di film.

Per Ugo Gaiani, più semplicemente, più banalmente, non fosse che invece lo sfondo è tutt’altro che superficiale, quello strumento che lo ha accompagnato per 40 anni era diventato uno sfinimento: suonava in continuazione, non gli dava più tregua, i toni e i modi dei pazienti (“Sempre meno… pazienti”, ha sottolineato) si erano fatti invadenti, forse poco educati, in qualche caso certamente irrispettosi.

Pare di capire che fosse anche la quantità di telefonate, più ancora della scarsa qualità, a frullare la professione del dottor Ugo, a minare la sua capacità di assorbimento e accettazione. Di getto, mi vien da dire che alla lunga gli mancherà. Di getto, mi vien da dire che se ancora qualcuno lo chiamerà (stavolta sul cellulare), il medico di base di Guastalla andrà ad assisterlo. La sua alla fine si è trasformata persino in una accorata denuncia, quando intervistato da quotidiani e telegiornali, ha detto: “Siamo sempre meno, mentre le richieste crescono sempre di più. La sanità è al collasso, bisogna fare qualcosa”. La sensazione è che questo grido, molto poco goliardico, molto meno social, passerà via nell’indifferenza.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *