PER IL DOPO-DRAGHI SI E’ GIA’ ELETTA LA MELONI, QUELLA CHE “SO COME SI GOVERNA L’ITALIA”

Sono sinceramente preoccupato. Non per l’addio di Draghi, non solo almeno. In fondo morto un drago se ne fa un altro, anche se qualcuno li dà per estinti i draghi e i rompiscatole di turno sostengono addirittura che non siano mai esistiti.

Non pareva reale in effetti avere a capo del governo uno rispettato e al quale veniva pure chiesto un parere di tanto in tanto in giro per il mondo. E poi in inglese, uno che parla inglese, e pure le altre lingue a dire il vero, e non rischia di essere preso in giro come capita non di rado, vedi Renzi e poi muori.

Insomma, non poteva essere vero, e infatti i nostri disonorevoli hanno rimesso a posto le cose. Si voterà e pare che il partito più votato sarà Fratelli d’Italia e pare anche che in conseguenza di ciò il nuovo premier sarà Giorgia Meloni. A dire il vero, a sentir lei le elezioni sono una formalità, tanto più che dal palco di Piazza Vittorio a Roma sentenzia ferma e decisa: «So come si governa l’Italia». Non male per un’esordiente, al timone intendo. Confesso che all’inizio il motivo della preoccupazione mi era più chiaro, convinto che la Giorgia avesse dei seri contenziosi con la lingua inglese. Invece scopro che pur non rischiando minimamente di passare per madrelingua, tutto sommato la sufficienza la raggiunge. Meglio quando legge, leggermente meglio, gli accenti vanno un po’ dove tira il vento, ma nel complesso ammetto che per qualche motivo non me l’aspettavo.

Vero è che dopo Renzi e il suo catastrofico esperanto tutto sembra più armonioso e vero è, d’altra parte, che un conto è dire la tua preparata e incasellata, un altro è confrontarti sulle questioni che contano e dover far fronte ai rimpalli degli omologhi europei. Ma insomma, rimango preoccupato, inglese o no. Forse è la presenza, anche l’outfit come dicono quelli al passo con i tempi, e in effetti il guardaroba, l’incedere, le posture vanno un po’ riviste, i palcoscenici saranno planetari, mai più puoi presentarti con l’ambio romanesco o la falcata borgatara,  qualche ripetizione bisognerà prenderla, anche se sarà difficile convincerla, lei è Giorgia e non perde occasione di ricordarcelo.

Ma non è nemmeno questo. La diplomazia forse, sì, quella proprio manca, serve un corso acceleratissimo, perché se rappresenti la tua fazione puoi anche perdere le staffe e lanciare strali verso gli interlocutori, ma se rappresenti il Paese no, non si fa e i colleghi poi s’irrigidiscono, se le legano al dito, ti mettono in disparte e poi hai voglia di fare gne-gne e prendertela con l’Europa altezzosa e tracotante.

L’ologramma Draghi, a pensarci bene, tutte queste cose le aveva in dotazione, inclusa l’equidistanza, e a pensarci ancora meglio in effetti non poteva essere vero. Imperfetto pure lui, in quanto non del mestiere e comunque estratto a forza dal mondo della finanza, un brutto mondo per intenderci, ma in quanto essere virtuale e distaccato dalla rosa dei venti delle correnti politiche, capace in qualche modo di rappresentare tutti. O almeno di provarci. Ma è stato un diversivo, un giochino un po’ spinto che qualcuno, vedi il presidente Mattarella, ha pure provato a far durare il più a lungo possibile, pur di levarci dalle scatole, sempre il più a lungo possibile, le squallide beghe dei capipopolo che forse ci meritiamo.

Poi ci sarebbero le idee, i principi, gli italiani, i programmi a lungo termine,  ma le une, gli altri, quegli altri e pure questi ultimi vengono poi. È in arrivo frutta di stagione, fresca, rigenerante, tutto si sistemerà, tutto come nuovo.

Noi poi lo sappiamo in realtà, tutto rimarrà come prima, più di prima. Io, forse l’ho già detto, sono sinceramente preoccupato.

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