PER CAPIRE COSA FARE NON DOVREBBE SERVIRE UN REFERENDUM SVIZZERO

Non è vero che tutti i referendum finiscono con la vittoria della “piazza”. E la “piazza”, sempre incline a proporsi come manifestazione fisica, ovvero visibile e tangibile, di un dissenso che si vuole per forza diffuso, predominante, in realtà spesso non rappresenta che se stessa.

In Svizzera, forse per la prima volta nel mondo, la gente che ha accettato, sia pure controvoglia, vaccinazioni e restrizioni anti Covid, si è confrontata attraverso il rito democratico del referendum, che nella Confederazione viene celebrato spesso e su una varietà di questioni, con l’altra gente, quella che ha rifiutato gli uni e le altre, in nome della “libertà” e contro lo “strapotere” del governo. Risultato: la gente pro vax e pro Green pass (per chiarezza semplifichiamo così la faccenda) ha battuto la gente anti vax e anti Green pass se non sonoramente perlomeno con perfetta evidenza: 62% contro 38%.

La Svizzera è un Paese che ha istituzioni e tradizioni democratiche antiche e singolari, nel senso di eccentriche al resto dell’Europa, e tuttavia se si vuol dare al referendum il valore di “parola al popolo” che spesso gli si dà, ecco che dobbiamo dedurne che il “popolo” non è affatto quello che protesta nelle piazze, come spesso abbiamo sentito dire da quanti frequentano le medesime e da chi li spalleggia per convenienza, ma, al contrario, è quello che, magari macerandosi nei dubbi, alla fine decide di partecipare allo sforzo collettivo per respingere la malattia, intuendo che il suo interesse individuale coincide con quello sociale, che la soluzione al pasticcio richiede un sacrificio e che, per dirla poeticamente, nessuno è un’isola sterile e immunizzata in se stessa.

Il referendum svizzero, insomma, ha stabilito che la maggioranza dei cittadini sa, o intuisce, che la tutela della salute pubblica deve essere uno sforzo collettivo, una cooperazione sociale che necessita di un’autorità coordinatrice. Piaccia o no, tale autorità non può che essere lo Stato, il cui braccio operativo è rappresentato dal governo. Questo sembra aver dichiarato il 62% dei votanti elvetici: è giusto che in certi frangenti lo Stato prenda le redini e, imponendo qualche restrizione all’immediata libertà di movimento degli individui, cerchi di restituire ai cittadini una libertà altrettanto essenziale ma più ad ampio raggio: quella di immaginare e progettare il futuro, di programmare la propria vita oltre l’epidemia.

Un ruolo talmente importante che vien da chiedersi se il referendum abbia senso, ovvero se sono precisamente materia di voto (cioè della formula “una testa un voto”) gli interventi presi a tutela della salute, se la profilassi medica può essere questione di opinione parcellizzata, tanto che per stabilirne la direzione si deve procedere al conteggio individuale e quindi decidere a maggioranza. In fondo, non c’è voto, in casa, sulla medicina da assumere in caso di bisogno: decide il dottore in base a competenza ed esperienza. Anche questo, a ben guardare, ha affermato il voto svizzero: viviamo in un’era in cui il sapere si è “spacchettato” e specializzato; dunque, gli esperti nei singoli ambiti sono chiamati a intervenire, secondo capacità e coscienza, quando accade qualcosa che riguarda la materia di loro pertinenza.

L’obiezione è naturalmente dietro l’angolo: se le decisioni degli esperti non sono da mettere in discussione, che cosa trattiene l’autorità dal diventare assoluta, ovvero tirannica? La soluzione di questo inghippo non è riassumibile in una formuletta, ma passa attraverso qualcosa di più complesso che si chiama civiltà: quella che assicura, per esempio, la solidità delle istituzioni e dei suoi riti di rinnovamento e di garanzia, quella che permette la più ampia libertà di espressione senza rinunciare al richiamo alla responsabilità, che fa argine contro l’uso strumentale della menzogna e della diffamazione e che, attraverso l’istruzione e la cultura, ci aiuta a informarci per davvero e non a ingerire quantità nocive di opinioni in pillole, solo perché il sapore del rivestimento zuccheroso si attaglia al nostro gusto.

 

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