PELE’, QUEL MODO COSI’ NOBILE DI AFFRONTARE LA NOTTE DELLA VITA

La veglia per Pelé sembra distrarre e provocare fastidi per chi si sta dedicando alla mistica e al golasso barbaro.

Esiste anche un altro calcio, ugualmente di passione e folklore palabratico, ma con una dignità dovuta alla carriera grandiosa, tre titoli mondiali per dire, assieme a una gloria meno patetica e a un’ attitudine non tesa alla lotta contro il potere (però astutamente approfittando dello stesso), ma cercando di insegnare fucibòl a chi ne scrive, ne parla e ne discute limitandosi, miseramente, al quattrotretrè.

Pelé ha fatto conoscere il Brasile e spiegato il calcio, oggi è un uomo che soffre con onore, non mandando messaggi pietosi, di lacrime e preghiere, ma di forza e fede.

Il suo corpo di marmo conta da tempo segni pesanti e ferite che non possono essere suturate, ha vissuto la malattia continuando a vivere e mai a sopravvivere, le immagini rivelano la malattia maligna e ormai manifesta ma, assieme, la speranza e la fiducia umane.

Si attende la notizia da quell’ospedale di San Paolo, mentre altrove si continua a giocare a pallone. Che è stata la vita sua.

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