Non si finisce mai d’imparare, recita l’adagio: e non si finisce mai di stupirsi, aggiungo io. L’umanità, oggi, mi appare come uno di quei fiumi che sembrano scorrere placidamente, ma che, appena sotto il pelo dell’acqua, sono animati da una corrente fortissima e del tutto insospettata. Perché, se si osserva il fluire del traffico in una tangenziale, l’ultima cosa che verrebbe da pensare è che, nell’anno del signore 2023, un numero cospicuo di quegli automobilisti non abbia assicurato la propria vettura: viceversa, un esperimento fatto dalla Polizia Locale di Treviso qualche giorno fa ha dato esattamente questo responso.
In un giorno di controlli, sono risultate prive di assicurazione o di revisione circa 9.300 automobili: una cifra davvero spaventosa. E, osservando la distribuzione statistica di questo genere di inadempienze sul territorio nazionale, verrebbe da pensare che questa cifra, se il controllo avvenisse ad altre latitudini, darebbe risultati ancora più allarmanti. Dunque, la gente non si assicura e non fa revisionare la propria macchina.
La cosa mi appare grave per almeno due motivi: il primo, immediatamente evidente, è di tipo pratico. Se uno non è assicurato e combina un disastro, chi paga? Chi garantisce una liquidazione del danno, specialmente se il danno è grosso? E, ancora, di quanto aumenta il rischio di incidenti, con un’automobile non revisionata e quindi potenzialmente inefficiente e pericolosa? Sono domande ovvie cui dovrebbe corrispondere un’ovvia sollecitudine sanatoria: invece, non è così e si tira a campare, finchè non capita il botto.
Tuttavia, il secondo motivo è più grave e, in un certo senso, mi pare più definitivo nel descrivere il nostro popolo: ed è quello morale. Ormai, perfino in una cittadina ordinata e civile, come Treviso, sembrerebbe prevalere un insopportabile menefreghismo nei confronti delle regole, se queste regole non sono protette da sanzioni draconiane. In altre parole, l’Italiano obbedisce soltanto se si fa la voce grossa: in caso contrario, abbozza, glissa, svicola. Non si può multare un inadempiente assicurativo in remoto: se l’inadempienza è rilevata col sistema elettronico di lettura targhe e non dal vivo, il furbacchione la scampa, a termini di legge. Siccome controllare fisicamente centomila vetture è impresa impossibile, in pratica è garantita l’immunità a questi quasi diecimila trevigiani privi delle cartebolle per circolare. E, consimilmente, ai milioni di automobilisti, sparsi per la Penisola, che devono aver fatto il medesimo ragionamento.
Che riflessioni ne tragga quell’ottimista di Cimmino, ve lo potete immaginare: in primis, quella che istituire un controllo radar del pagamento delle assicurazioni, se, poi, non c’è una norma che ti consenta di sanzionare la gente, è un po’ come un ombrello bucato. O controlli e sanzioni oppure lasci perdere e ti rassegni: tertium non datur. Sono quelle cose a metà tanto tipiche del nostro Paese e che mi fanno imbestialire.
La seconda, assai più grave, è che, in quasi ottant’anni di repubblica democratica, molti di noi non sono maturati civicamente: manca del tutto, in costoro, l’idea di uno Stato che sia comunità di cittadini e non astratto nemico da imbrogliare. In altre parole, una consistente percentuale di nostri compatrioti avrebbe bisogno di un dittatore o, perlomeno, di un governo autoritario: quasi ne reclama la presenza, coi suoi comportamenti da suddito furbo.
Insomma, non cresciamo: continuiamo a fare marachelle da furbastri, appena la mamma si gira dall’altra parte. Il che, per una Nazione moderna, non è un bene. Soprattutto, visto e considerato che questi qua non si limitano a gabbare la legge: questi votano.