ORA L’ADULATO MANCINI PUO’ FARE TUTTO, NON LA VITTIMA

Dicesi di chi rassegni le dimissioni: eh però, un gran bel gesto di dignità in un mondo dove nessuno fa un passo indietro.

Roberto Mancini non può passare da vittima, martire del sistema calcio italiano o azzurro che sia. Dopo cinque anni di buoni risultati, un titolo europeo è roba bella, ma siamo pur sempre l’Italia per quattro volte campione del mondo.

Appunto, nel marzo del duemila e ventidue Mancini fu l’attore della sconfitta azzurra contro la Macedonia del Nord, risultato che ci costò la qualificazione al Qatar. Il fatto, anzi il misfatto, non provocò nemmeno un plissé né a lui né al capo della Federcalcio Gravina Gabriele, il posto fisso non si molla mai, nemmeno dinanzi alla vergogna.

Un anno e mezzo dopo, proprio alla vigilia dell’impegno europeo contro la Macedonia del Nord, guarda un po’ le combinazioni, il marchigiano ha presentato le dimissioni di cui già si parlava, ufficialmente “per scelta personale”, ma pare per dissidi interni, a conferma che il governo del calcio italiano è una associazione di papaveri e papere nella quale vengono prese decisioni all’insaputa degli interessati e forse a conoscenza del portiere dello stabile.

Mancini, secondo detto maligno, è il più grande allenatore di giornalisti, difficile e rarissimo ritrovare critiche pesanti nei suoi confronti, anche dopo prestazioni deludenti o sconfitte feroci, l’ultima contro l’Inghilterra.

L’aria che tira sa di umidità e gas tossici, da quattro giorni radio mercato borbotta che il cittì sia in trattativa con i sauditi, così come accadde a Marcello Lippi con i cinesi. Si attendono smentite ma non provo stupore, i professionisti vanno dove li porta il cuore e da quella parte spesso è sistemato anche il portafoglio. Il paese è piccolo e la gente mormora come il Piave, l’arrivo di Buffon e quello di Barzagli al posto dei membri del cerchio magico manciniano avrebbe provocato le paturnie del tecnico, ma risulterebbe singolare, per non dire idiota, che Gravina e la sua orchestra abbiamo rivoltato lo staff senza informare il titolare di casa Italia. Il tentativo di addomesticarlo, con la creazione di un ruolo da dominus di tutte le rappresentative, sarebbe stato il manifesto di un rapporto critico, tipo Segre-Seynaldi.

Vado di congetture e di paradossi perché questo forse ci meritiamo o meglio si merita il sistema Italia del football, belle gioie in tribuna e poca gente nostrana in campo. Mancini da tempo aveva denunciato l’anomalia crescente.

Si aprono le danze per il nuovo cittì, Spalletti, Conte, De Rossi, Cannavaro e perché no Allegri? (con l’entusiasmo della folla juventina). Problemi di Gravina, se la spicci, anche se al posto suo avrei risposto alla decisione di Mancini con uguale scelta, via tutti, punto e a capo.

Ma non scherziamo e prepariamoci alle celebrazioni pubbliche di Roberto Mancini, l’unico italiano capace di rinunciare all’incarico, qualche minuto prima del fischio d’inizio. Che belle persone, che bella storia.

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