OGGI, GIORNATA DELLE ESEQUIE MONDIALI PER LA CRAVATTA

di GHERARDO MAGRI –  “Morta la cravatta, viva la cravatta”. Oggi si celebra la sua giornata mondiale, qualche buontempone è riuscito nell’intento di inserirla nel fantasioso caleidoscopio dei festeggiamenti totalmente inutili. Stavolta suona però più come un funerale, o quanto meno una commemorazione: pensare a questo storico accessorio maschile mi porta indietro nel tempo, provocandomi un leggero e leggiadro senso di malinconia. Parlo del mondo del lavoro, in particolare quello negli uffici.

E’ sempre stato un elemento essenziale dell’uniforme a cui ti dovevi attenere. Esprimeva serietà e professionalità. Ti dava immediatamente un tono da adulto che sapeva prendersi cura del proprio look, in modo adeguato e convenzionale. Presentarsi al lavoro senza la cravatta era vietato. Non ti sarebbe mai venuto in mente di uscire dagli schemi.

Ricordo ancora adesso il primo colloquio di lavoro nel 1981, da studente laureando. Non possiedo nessuna cravatta, il mio guardaroba è composto solo da jeans e camicie. La preoccupazione più importante è procurarmi un vestito decente. Uno spezzato estivo, giacca di lino beige chiaro e pantalone blu, camicia azzurra e mocassini marroni. Per completare la mise, mi faccio prestare da mio fratello maggiore una bellissima cravatta regimental azzurra e oro. Il nodo me lo faccio fare da lui: non respiro, una sensazione di costrizione inaudita, ma necessaria. Lo allargo e lo stringo all’occorrenza, con la paura perenne di disfarlo.

Mi porta bene, però: assunto al primo colpo! Quella cravatta mi ha fatto compagnia per diversi anni e l’ho dovuta abbandonare solo perché era diventata completamente lisa, perciò importabile. Ma certo non l’ho buttata: nel cassetto è rimasta per lungo tempo.

Nel corso degli anni, il guardaroba si è arricchito di un campionario con fogge le più diverse e stravaganti. Il colore è sempre stato determinante, bisognava seguire la moda del momento. La tinta unita o la fantasia tenevano banco, così come la nuance con il vestito, con cintura e scarpe. E’ un accessorio che tutti si possono permettere e che ci ha consentito di riciclare molti vestiti, dando l’impressione di un certo rinnovamento.

Un banco di prova e di confronto decisivo per la cravatta è il contesto internazionale. Quando si lavora a stretto contatto con colleghi stranieri, è inevitabile fare paragoni e tirare giudizi. Da qui ho cominciato a capire cosa vuol dire essere italiani e lo stile innato che abbiamo. Le cravatte degli altri europei – non parliamo degli americani – sono a dir poco sconcertanti ma, ancor di più, gli abbinamenti. Colori sgargianti, fantasie indecifrabili, nodi grandi come sassi, lunghezze sbagliate su stomaci prominenti, fermacravatte come graffette (gli svizzeri al top), indossate spesso su camicie centrifugate e dai colori pastello verdino-rosino-giallino-grigino. Un disastro.

Noi siamo abituati alla Grande Bellezza e non sbagliamo mai un colpo. Sovente, colleghi mi chiedono consiglio e informazioni su come fare e vedo nei loro occhi sincera ammirazione per noi (quella che vorremmo sui contenuti delle nostre azioni, invece). Per sentirsi eleganti, si vestono come fossero a cerimonie, matrimoni o funerali, indifferentemente. Abito nero, camicia bianca e cravatta grigia, quasi sempre regimental, anche quando è passata di moda. La fattura dei materiali fa una bella differenza e quasi mai ci azzeccano. Li vedi sempre goffi. L’eleganza non è nel loro DNA. Nel tempo hanno recuperato un po’ di terreno, ma il gap con noi rimane ancora grande.

Veniamo agli ultimi anni, direi da cinque a questa parte. La cravatta ha perso il suo appeal nel mondo del lavoro, si preferisce vestire “smart casual” (giacca, camicia e pantaloni sportivi, di buona fattura s’intende). Un’accelerazione che ha portato alla sua sparizione quasi completa. La si sta sostituendo con la pochette nella giacca, perlopiù, un accessorio molto trendy. In quasi tutti gli ambienti e anche nelle occasioni ufficiali. Un esempio? Alle ultime discussioni di budget, con parata di top manager, mi sono presentato senza cravatta e non ci sono state né occhiatacce né sorrisini. La volta successiva non l’indossava più nessuno.

Marchionne, col suo maglioncino scuro, aveva fatto del casual un punto da anti-conformista, però ha sdoganato un nuovo look per i manager. Di recente, il capo della più importante società americana di consulenza ha “imposto” a tutti di vestirsi senza cravatta. Il sasso è cominciato a rotolare velocemente e, ormai, metterla sta diventando un’eccezione.

Dopo più di trent’anni di cravatte annodate anch’io mi sono adeguato e la cosa non mi dispiace affatto. L’altro giorno, aprendo l’armadio e guardando la gruccia piena, sono stato assalito da molti ricordi di un tempo che non tornerà più. Forse. Deciderà come sempre la moda.

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