NOI PEGGIO DELLA FERRAGNI

E va bene, parliamone ancora, visto che ormai è la notizia del giorno e non accenna minimamente a raffreddarsi. Chiara Ferragni, Fedez, il pandoro equivoco e ruffiano, il doppiogioco della beneficenza d’alto bordo: tutti addosso, tutti moralmente maestri e giudici. Facile come sparare sul presepe, è il periodo giusto.

Ha un senso, tutto questo? Meglio: ha una misura? No, non c’è senso e non c’è misura. Io confesso la mia insofferenza per questo sistema, più ancora che per il sistema Ferragnez (quello si qualifica e si definisce da solo, mica da oggi). Io parlo del nostro tempo e del nostro mondo: certo in primo luogo delle moltitudini che comunque la Ferragni se la bevono come influencer divina, ma anche come co-protagonista delle serie a pagamento, guardando dalla serratura la vita di una famiglia piccolo-borghese, piena di soldi, ma terribilmente banale e conformista, come le più scontate della famiglie piccole-borghesi riescono ad essere, con l’immancabile mania di ergersi sempre ad esempio, a modello, e soprattutto a maestre di vita.

Questo pubblico da Ferragnez esiste e fa rumore già da tempo, anzi è essenza e impronta di questo tempo. Ma io non parlo di questo pubblico, non solo, voglio parlare un attimo degli altri, di noi tutti, dei giornaloni che titolano e scrivono più del pandoro farlocco che delle guerre e delle pandemie, dei Tg servili e proni che concedono il loro tempo e il loro spazio alla Ferragni in versione vergine trafitta mentre chiede scusa, praticamente a reti unificate, una roba incredibile tipo discorso del Presidente a Capodanno.

Parlo di noi giornalisti, ovviamente non dei Signorini e dei signorinisti che di bassa macelleria campano, no, parlo di giornalisti cosiddetti autorevoli e togati, ecco, proprio loro, che ormai vanno a gettone con la filosofia dei giornali al servizio del web, come fai a ignorare i social, ormai il mondo si muove sui social, bisogna allinearsi al mondo social. Come no, io sono giornalista da un po’ di anni e so che le notizie vanno date, sempre, tutte. Ma c’è un modo, c’è uno stile: il problema è che scegliere il modo comporta un grande sforzo di cervici, un minimo di coraggio per non uniformarsi alle mode e ai luoghi comuni, scegliendo la propria strada, la propria postura, anche a costo di ritrovarsi solo (in fondo questa non è mia, non è nemmeno del buon giornalista, è l’eterno messaggio del vero Vangelo e dei grandi antichi, dico Socrate e Seneca per capirci).

Invece qui assistiamo alla più patetica messinscena del secolo: tutti ridono e disprezzano le fesserie del gossip, tutti si sentono superiori e migliori, ma tutti docilmente siamo in fila a dare un’occhiata. Ne parlano tutti, come fai a non parlarne. Vero, ma non ciurliamo nel manico: se ne può parlare poco, tanto, troppo. E se ne può parlare il giusto. Ecco, chiediamoci quali sforzi stiamo facendo, anche in questo caso della Ferragni e del suo stramaledetto pandoro, per parlarne il giusto. Noi, che leggendo il Qoelet e il Cantico dei Cantici, Tolstoj e i Dialoghi morali, il Candido e i Promessi sposi, guardando Giotto e Caravaggio, ascoltando Mozart e Battisti, magari proviamo noia e fastidio. Sì, noi, pronti a dire in pubblico che palle con sta storia della Ferragni, ma non ci perdiamo un colpo della Ferragni e dei Ferragnez.

Almeno, finiamola. Chiudiamola con questa recita perbenista e snob, cerchiamo di assumere un atteggiamento dignitoso e ammettiamo che in questo nostro tempo le stelle polari stanno in casa Ferragnez. Che quando parlano, recitano, giudicano, lanciano appelli, sposano cause, attaccano politici, esibiscono figli, fanno Cassazione. Che ci intrigano più i Ferragnez dei Mattarella e dei Papa Francesco. Che nei nostri discorsi da salotto e da marciapiede i Ferragnez ci interessano ormai più persino dei Lukaku e degli Scamacca.

Diciamolo, onestamente, sinceramente: abbiamo conosciuto l’epoca degli anni di Piombo, l’epoca degli Yuppies e dell’effimero, questa passerà alla storia come l’epoca Ferragnez. E’ poco? E’ esattamente quello che ci meritiamo. Che abbiamo scelto. Che abbiamo fortemente voluto.

Nelle scuole dell’obbligo si impara subito quant’era buio un certo Medio Evo. Nonostante gli abbaglianti riflessi dorati della nostra epoca Ferragnez, non sono sicuro che questo Evo sia più illuminato.

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