NOI, KILLER DELL’ABUSIVISMO E DEI CONDONI

Adesso ci mostrano le immagini del consiglio dei ministri riunito d’emergenza. Ci dicono che stanzieranno, indagheranno, ripagheranno. Certo, sicuro, proclameranno lo stato di calamità. Dall’isola di Ischia ci mostrano quanto sono eroici e generosi i sommozzatori che cercano cadaveri in mare, i volontari che spalano, le crocerossine che consolano.

E’ un affresco picaresco che ogni volta sembra nuovo, ma che di nuovo non ha proprio più niente. Ricordo personale: nel 1998 ero inviato a Sarno, anche lì fango arrivato dall’alto, anche lì morti e devastazione, anche lì il solito coro di prefiche contro chi aveva disboscato, edificato abusivamente, speculato voracemente.

Due anni prima, nel ’96, ero in Versilia, uguale la storia e uguale la rabbia, con la solita processione di soccorritori a cercare in mare i morti della montagna.

Per favore, basta. Basta con questo squallido rituale fariseo e ipocrita. Basta con l’Italia che attualizza tutti i proverbi più banali e scontati, i rimedi quando i buoi sono scappati, le lacrime di coccodrillo, il senno di poi, eccetera eccetera. Piuttosto, impieghiamo queste grida e questa rabbia, questo lutto e questa depressione, per riconoscere almeno una volta quello che siamo. Quel poco e quel dannato che siamo. Cioè un popolo che prima se ne impippa degli equilibri e delle armonie naturali, che edifica contro ogni regola e contro ogni prudenza, e che poi a seguire passa prontamente alla sanatoria generale, questi mefitici condoni dagli effetti apocalittici. Sì, la cultura del condono non è deleteria solo perchè in fondo premia i fuorilegge: ancora più deleteria e assassina è perchè semina in giro per il popolo una certezza fetente e letale, questa frase fatta ben nota in tutte le famiglie italiane, tu intanto tira su i muri, poi si vedrà, al limite arriva il condono e nessuno ti fa tirare giù niente.

Ischia, come Sarno, e come tutte le tragedie che ormai a ritmo mensile, non appena arriva un nuvolone nero, si abbattono su questa Italia venduta come il paese più bello del mondo, Ischia e tutto il resto sono soltanto l’inevitabile risultato di quello che siamo. Tutti ci diciamo che bisogna amare questo territorio, che bisogna costruire bene e con parsimonia, che bisogna fare manutenzione, che non bisogna alterare le leggi di natura, ma poi tutti ricominciamo dallo stesso punto, tira su i muri e poi vediamo, prima o poi un  condono arriverà.

Parlino di questo, i signori del governo riuniti in emergenza. Parlino di tutti i condoni, l’ultimo nel 2018, che hanno premiato i farabutti e hanno mortificato i cittadini perbene. E provino magari a immaginare se persino il condono fiscale appena approvato, benchè travestito con altri bei nomi e con altri subdoli codicilli, non faccia parte della grande sventura che paghiamo anche a Ischia, la cultura dell’impunità e della furbizia, prima o poi prontamente premiata addirittura dallo Stato sovrano.

Intanto, puntualmente piangiamo i morti e i dispersi. Puntualmente proviamo a immaginare il dramma di chi ha salvato la vita, ma comunque si ritrova senza più niente, nemmeno un vestito addosso. Quattro lacrime da farisei afflitti, poi sotto come se niente fosse. Noi del popolo a inventarci furbizie, scappatoie e abusi edilizi. Loro, in alto, nella stanza dei bottoni, a studiare il nuovo condono. Nella certezza desolante che la vera manutenzione, prima ancora che sul territorio, serve nelle nostre anime di italiani cialtroni. Fino a quando non ci inventeremo un altro modo di essere italiani, non avremo un’altra Italia. Ci terremo questa, che al primo temporale ci spazza via e ci porta in mare.

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