NIENTE EXPO 2030 A ROMA: FINALMENTE UNA BUONA NOTIZIA

Capitale italiana listata a lutto, in totale contrasto con le meravigliose luci natalizie di questo periodo. Povera: non avrà l’EXPO del 2030, i votanti hanno scelto Riad (i suoi petrodollari, d’accordo). Non si può proprio dire sul filo di lana, per una manciata di voti, il risultato sembra deciso da Sinner, 119 Riad e 17 Roma.

A cominciare dal sindaco Gualtieri, è tutto un piagnisteo. Frignano come bimbi senza giochi il giorno della Befana. Già avevano fatto i loro progetti (e i loro conti). Per coinvolgerci nel dolore, ci raccontano che è una sberla per tutta l’Italia, che viene umiliato il nostro orgoglio nazionale, il leggendario Made in Italy, il genio e l’estro, eccetera eccetera.

Povera, la nostra Capitale. Poveri, i nostri Capitalisti rimasti senza l’osso. Già annunciavano effetti speciali e trovate grandiose. Invece niente. L’EXPO fa come i grandi calciatori, va in Arabia.

Nello tsunami di vittimismo delle prossime giornate, non deve però mancare la nota stonata, fuori dal coro dei patrioti feriti. Nel mio piccolo mi faccio avanti: sono ben felice che l’EXPO giri alla larga dall’Italia. Io sono un italiano che sente di più l’orgoglio e l’identità davanti a un ospedale che non ti fissa nel 2025 una risonanza chiesta oggi (mi è appena successo), a una scuola con gli intonaci e gli infissi a regola d’arte, a un treno che non viene fermato dal primo Cognato che capita.

Quanto invece ai grandi eventi internazionali, ho perso la poesia già da un po’. Anche se mi devo ascoltare ogni volta i comitati organizzatori (e i comitati d’affari) sostenere che sono occasioni storiche per il Paese, che non incideranno sulle finanze pubbliche, che pagheranno tutto gli sponsor, soprattutto il solito ricatto affettivo “creeremo miglia di posti di lavoro”, nonostante questo fracasso assordante mi tornano subito in mente i grandi momenti che ho vissuto direttamente da giornalista nell’arco di decenni, a partire da Italia ’90, passando (cito a caso) per i Mondiali di nuoto a Roma (tu guarda le combinazioni), sì, quelli con la piscina olimpionica troppo corta, passando per le Olimpiadi invernali di Torino 2006, pilotati da quel genio al femminile che è la celeberrima e celebrata Evelina Christillin, ma più che altro salvati con un versamento del governo Berlusconi a pochi giorni dall’inaugurazione per tappare la voragine di debiti, passando ancora per le stesse Olimpiadi Milano-Cortina, che ancora non sanno dove lanciare i bob perchè non ci sono i soldi per fare l’impianto (anche questo è genio italiano). Eccetera, eccetera.

Ogni volta che ci proviamo, soprattutto, finiamo per intasare gli uffici giudiziari, con cataste di denunce, avvisi di garanzia, ipotesi di reato. Diciamola tutta: questo è per noi, ma è meglio dire per una certa parte di noi, il grande evento: una memorabile mangiatoia. E non c’è molto da aggiungere. Aggiungano pure, se vogliono, ma la storia è storia e la storia resta storia.

Certo stringe il cuore adesso assistere alla sanguinosa delusione nazionale, all’Italia dinamica e creativa che deve rinunciare al nuovo giocattolo. Ma dopo tutto sono altri i dolori e le pene che dobbiamo sopportare in questo periodo. I Gualtieri prima o poi se ne faranno una ragione. Il tempo è grande dottore, aiuta a chiudere tutte le ferite. Anche senza EXPO 2030, l’Italia può farcela. Persino Roma, forse, se le leggi speciali riusciranno sempre a chiudere i buchi di contabilità dell’illuminata gestione. Le idee per consolarsi comunque non mancano: provi la Capitale, in attesa di un prossimo EXPO, a farsi per esempio un termovalorizzatore, a rimuovere le cataste di immondizia, a darsi una ripulita. Questo sì sarebbe l’Evento storico di portata internazionale.

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