Altrimenti la sua sarebbe stata una morte silenziosa.
Il padre ha scelto di rendere noto che la figlia è deceduta a causa dell’anoressia, di cui soffriva da tempo. Non conosco nulla delle vicende personali e quindi ogni commento sarebbe inopportuno e irrispettoso. Dai social emerge la figura di una giovane donna circondata dalla stima di molti. La madre era scomparsa nel 2015 a causa di una patologia oncologica.
Quello che è certo è come anche le persone benestanti, con successo professionale e capacità indiscusse, possano soffrire di grave disagio psicologico. La sofferenza psichica è subdola e non sempre è immediatamente riconoscibile: ci sono forme visibili a chiunque, ma ne esistono altre, non necessariamente meno gravi, assolutamente insospettabili e la cui negazione o sottovalutazione, anche da parte della persona stessa, è parte del problema.
Reputo la scelta non ipocrita della famiglia coraggiosa e immagino sia un monito affinché tutti, istituzioni, sistema sanitario, mondo dell’informazione, facciano di più.
In Italia soffrono di disturbi del comportamento alimentare, di cui l’anoressia costituisce una delle forme più gravi, circa 3 milioni di persone, con numeri ancora in crescita dopo la pandemia. Mentre l’anoressia è prevalentemente ma non esclusivamente femminile, l’obesità riguarda entrambi i sessi.
Le cause dei disturbi alimentari sono molteplici: vi sono fattori biologici, culturali, ma sono sempre significativi gli aspetti psicologici. Il cibo, che oltre ad essere una necessità per molti è un piacere, può divenire una maledizione. Ci sono gravi forme di dipendenza da esso e tanti anche nel nostro paese provano a curare chirurgicamente il proprio rapporto problematico con gli alimenti. Ma ridurre le dimensioni dello stomaco è utile soprattutto se avviene all’interno di un percorso pluridisciplinare. Il confronto con la propria immagine corporea può essere fonte di grande sofferenza e talvolta ci si priva di molte occasioni di vita sociale, per timore del giudizio altrui.
È giusto parlarne, bisogna parlarne, sempre, senza stancarsi mai, senza emettere giudizi affrettati o ancora peggio offensivi, per aiutare tutti a inquadrare correttamente la questione. Di anoressia e delle sue crudeli derivazioni si muore tutti i giorni, nel silenzio generale.