NESSUNA FAVOLA DI NATALE STAVOLTA NELLA LONDRA SCIOPERATA

Lo ricorderete sicuramente e se non lo ricordate presto ve lo faranno ricordare. Qualcuno prenderà il dvd dallo scaffale, oppure il titolo riaffiorerà nell’offerta di una piattaforma streaming. Mal che vada, un canale tv lo programmerà in prima serata.

Anche quest’anno per rianimare le nostre vite che, sempre più stanche ed esaurite, vanno a incagliarsi sulla battigia del Natale, assumeremo la nostra brava dose di film natalizi e, tra questi, “Love actually”, pellicola inglese diretta da Richard Curtis e uscita ormai quasi vent’anni fa: nel 2003.

Non importa che sia un film non più nuovo, anzi: i film di Natale – non i cosiddetti “cinepanettoni”, ma quelli che entrano nel novero dei “classici” – guadagnano con l’età una patina di prestigio. In questo, nessuno batte “La vita è meravigliosa” di Frank Capra: dal 1946 premiata ditta di lacrime e buoni sentimenti natalizi. “Love actually”, più recente, si è tuttavia rapidamente meritato una solida rispettabilità grazie alla giusta mistura – molto inglese – tra ironia e calore, divertimento ed emozioni.

Vi sovviene la trama? Una serie di storie parallele – tra cui quella del primo ministro interpretato da Hugh Grant e quella della rockstar anzianotta magistralmente animata da Bill Nighy – che confluiscono, come in un gran fiume di spirito natalizio, nella straordinaria scena finale, girata all’aeroporto londinese di Heathrow, nella “hall” degli arrivi. Lì, tra abbracci e ricongiungimenti più o meno probabili (Liam Neeson, vedovo, incontra per la prima volta la mamma di un amico del figliolo, che casualmente sembra Claudia Schiffer, anzi che è Claudia Schiffer), i protagonisti del film si mescolano alla gente comune che pure, per Natale, si abbraccia e si riunisce. Lo schermo si divide dunque in infinite minuscole inquadrature, ognuna delle quali registra un incontro, un bacio, un sorriso, una carezza. Tutto per ricordarci che l’amore esiste ancora: “Love, actually – dichiara il film –, is all around”, l’amore, in realtà, è tutto intorno.

Ecco, il film è finito, noi ci sentiamo commossi ed elevati allo stesso tempo e ci prepariamo a al piccolo “salto” doloroso al quale siamo costretti, quello che ci riporta alla realtà, ai traffici di tutti i giorni, al mondo “vero”, che sarà pure pieno d’amore, ma nel quale non mancano parecchie schifezze.

Triste a dirsi, ma quest’anno, per la Gran Bretagna sarà più difficile del solito sperare che il finale di “Love actually” possa tradursi, anche parzialmente, in realtà. Non che l’aeroporto di Heathrow corra il rischio di rimanere deserto come in tempi dei lockdown, questo no, ma il clima natalizio, lassù, sembra purtroppo inquinato da difficoltà diffuse e trasversali. Un’atmosfera desolata dovuta non tanto, o forse non solo, alla perdita di Elisabetta, sovrana per 70 anni, e alle polemiche per il documentario che Harry e Meghan hanno realizzato per Netflix, quanto a serie questioni sociali.

Scioperano, in questo mese, figure professionali vitali, decisive. Tra le agitazioni, la più clamorosa è forse quella degli infermieri, che per la prima volta dalla fondazione del loro sindacato – 160 anni fa – praticheranno questa radicale forma di protesta. E con gli infermieri si fermano gli insegnanti, i dipendenti di vari ministeri e – attenzione – gli addetti ai trasporti. Ecco perché la scena finale di “Love actually” non si può neppure immaginare nella realtà della Gran Bretagna di oggi, e non solo perché il primo ministro non è Hugh Grant ma il povero Rishi Sunak, il cui unico mandato è quello di rimediare ai disastri provocati da Liz Truss, la premier che lo ha preceduto, e forse anche a quelli ereditati a causa della Brexit, una mossa che se ha restituito agli inglesi buona parte del loro orgoglio identitario, ha anche complicato loro la vita in termini di relazioni internazionali, sia economiche sia politiche e finanziarie.

Non che oltre la Manica, al di qua, sul Continente che un celebre titolo del “Times” voleva “isolato causa nebbia”, la vita, tanto per restare in tema cinematografico, sia meravigliosa. Tutt’altro: alla magia del cinema abbiamo smesso di credere da tempo. A quella del Natale ancora no, ma non sono da escludersi clamorosi sviluppi.

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