NEL ROGO THYSSENKRUPP BRUCIA LA REPUTAZIONE DELLA GIUSTIZIA TEDESCA

Harald Espenhahn, l’amministratore delegato della ThyssenKrupp, dunque responsabile dello stabilimento torinese dove morirono bruciati sette operai italiani nel 2007, scampato alla pena attraverso mille ricorsi e peripezie giudiziarie giocati tra le burocrazie dei due paesi, entra finalmente in carcere in Germania, dopo sedici anni dalla strage e dopo sei anni dalla sentenza definitiva della Cassazione.

La sua pena sarà di cinque anni per omicidio colposo, in Italia ne erano stati richiesti nove e otto mesi. La cosa che ci fa più male è che la sua condizione sarà comunque di semi-libertà: mi piacerebbe sapere quanto tempo netto trascorrerà dietro le sbarre il manager fuggiasco, magari interverrà pure una riduzione della pena. Noi di @ltroPensiero.net, che avevamo già commentato a suo tempo la scandalosa decisione della giustizia tedesca di non eseguire immediatamente la condanna, non tralasceremo di seguire l’evoluzione del caso.

Vedremo i commenti della stampa teutonica che ovviamente relegherà la notizia in ultima pagina, se mai lo farà. A parti rovesciate è facile immaginare cosa sarebbe successo: sarebbero scesi in campo tutti i nostri storici nemici, a partire dagli inglesi Financial Times e The Economist per arrivare a Der Spiegel, che non mancano di dedicarci prime pagine distruttive e piene di acidi stereotipi. Non ci dimenticheremo mai quella con spaghetti e pistola del ’97 e quella della Costa Concordia del 2012. Bacchettate morali inferte spesso da chi fa analisi infarcite da luoghi comuni e caratterizzate da giudizi sommari insopportabili. Si sarebbe parlato e straparlato della solita Italietta che sfugge davanti alle responsabilità, che non riconosce il senso del dovere, della leggerezza incosciente di un popolo che no sa crescere, insomma la solita litania fastidiosa.

Invece, davanti alla giustizia italiana, dei sei manager imputati e condannati, si sono presentati quattro manager italiani: Daniele Moroni, responsabile investimenti antincendio dell’azienda – 7 anni e 6 mesi -, Raffaele Salerno, ex direttore dello stabilimento – 7 anni e 2 mesi -, il responsabile del servizio prevenzione e protezione Cosimo Cafueri – 6 anni e 8 mesi -, Marco Pucci, responsabile commerciale e datore di lavoro – 6 anni e 3 mesi. Pene che stanno regolarmente scontando.

Mancano all’appello solo i due tedeschi, il già citato AD Harald, e Gerald Priegnitz, responsabile amministrativo e datore di lavoro, condannato a 6 anni e 3 mesi. Dov’è finito? Non ci sono fonti certe perciò prendiamo l’indiscrezione con le pinze, ma pare che abbia già scontato un paio d’anni di semi-libertà nelle carceri tedesche e che ora sia libero cittadino. Lui sembra abbia avuto un moto di pudore a scoppio ritardato, o magari gli è semplicemente convenuto.

Una brutta storia, questa volta non prettamente italiana, che non conosce la parola fine. La misera consolazione di un’incarcerazione tardiva e molto generosa non può certo piacere ai familiari dei sette operai arsi nel rogo, per negligenza accertata di una dirigenza colpevole.

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