MOSCA BERSAGLIO PREFERITO DA TUTTI I TERRORISMI

Non c’è soltanto l’orrore dell’Occidente, di fronte alle immagini e alle notizie che ci giungono da Mosca: c’è anche stupore, nel constatare come il terrorismo sia arrivato a colpire anche la Russia, mentre noi credevamo che fosse appannaggio europeo o, al massimo, euroamericano, dopo l’11 settembre. Insomma, osservando le reazioni, parrebbe che, fino ad oggi, gli assassini avessero trascurato il gigante orientale, dedicandosi solo a colpire Londra, Nizza, Madrid, Parigi.

Niente di meno vero: la Russia, fin dai tempi degli zar, vanta una solida tradizione terroristica, parte di stampo politico e parte di stampo irredentista. Va da sé che il lunghissimo dominio comunista abbia, da un lato, eclissato la percezione di un Paese in cui vi fosse un’attività dedita al terrore, giacchè questo terrore veniva già esercitato dallo Stato e, inoltre, in un regime totalitario, la criminalità tende o a scomparire o a essere celata dalla propaganda. Perciò, a noi, dopo la caduta del regime comunista, forse, era rimasta questa idea preconcetta di un’isola felice (si fa per dire), perlomeno sul versante degli attacchi terroristici.

Viceversa, prima e dopo la parentesi bolscevica, in Russia gli attentati erano piuttosto diffusi: inutile ricordare che lo zar Alessandro II, prima di cadere vittima, nel 1881, dell’attentatore polacco Ignatij Grinevickij, membro di “Narodnaja Volja”, era scampato ad altri sei attentati, mica uno. E il grande Dostoevskij dedicò ai terroristi nichilisti nientemeno che un romanzo: “I demoni”, stigmatizzandone idee e metodi. Per non dimenticarsi dell’anarchismo, di Bakunin e di tutte le varie cellule terroristiche sviluppatesi in Russia, a partire dalla metà del XIX secolo. Anche un altro grande romanzo, stavolta novecentesco, “Con gli occhi dell’Occidente”, di Joseph Conrad, descrive le trame internazionali dell’anarchismo terrorista russo: prova del fatto che questa bella abitudine era piuttosto diffusa nonché temuta.

Bisogna, però, dire che la più terribile stagione di stragi e attentati la Russia l’ha vissuta in tempi più recenti: dopo la caduta del comunismo, che, bene o male, teneva insieme in maniera coatta la caleidoscopica realtà sovietica, alcuni movimenti indipendentisti, con una forte sfumatura etno-religiosa, come quello ceceno, hanno colpito spesso e assai duramente il popolo russo. 25 anni fa, ad esempio, una bomba, a Mosca, uccise quasi cento persone: fu fatto saltare un edificio privato, nella periferia della capitale. Una settimana dopo, un’altra bomba, sempre in un palazzo moscovita, fece 118 morti. Nel 2000, in piazza Pushkin, ossia in pieno centro, vicino al Cremlino, un attentato causò 13 morti. E’ del 2002 la spaventosa strage del teatro Dubrovka, in cui morirono 130 persone e 41 terroristi. 41 furono le vittime di una bomba esplosa in metropolitana, nel febbraio 2004: Mosca stava pagando un tributo di sangue altissimo. Nello stesso anno, due attentati suicidi abbatterono altrettanti aerei di linea russi, facendo 43 e 46 morti e, poco dopo, una donna si fece esplodere in un supermercato, uccidendo 10 persone.

Credo, poi, che nessuno abbia dimenticato il terrificante bilancio, soprattutto di vittime tra i bambini, della strage di Beslan, nel settembre del 2004, in Ossezia, in cui perirono 335 persone e 31 terroristi. Nel 2009, toccò ancora a Mosca, con due attentati nello stesso giorno, che fecero, complessivamente, 38 morti, mentre 37 furono le vittime di un altro attacco kamikaze, nell’aeroporto di Domodedovo, avvenuto nel 2011. Infine, nel 2017, nemmeno San Pietroburgo fu risparmiata: un altro attacco dinamitardo nella metropolitana fece 14 morti.

Autori della maggior parte di questi attentati furono i Ceceni e, più in generale, terroristi provenienti dalle province caucasiche e transcaucasiche, che combattevano una vera e propria guerra asimmetrica. Sia come sia, appare evidente come la Russia sia, da molto tempo, stata un obbiettivo privilegiato di questo genere di terrorismo: che, poi, si chiami Isis o movimento per l’indipendenza di qualche staterello, la cosa non cambia. Il popolo russo ha subito spesso tragedie paragonabili a quella del Crocus e Mosca è stato sempre il bersaglio preferito, per il suo ruolo politico e, quindi, simbolico, come per le sue dimensioni di megalopoli, difficile da controllare da parte delle forze di sicurezza.

Non è l’unico aspetto della vita russa che a noi Occidentali sfugge e che valutiamo con un metro inadeguato, come si diceva: l’importante e cercare di guardare a questa realtà, così vicina e così lontana al contempo, con uno sguardo scevro da pregiudizi, se si vuole capire. Non, insomma, …con gli occhi dell’Occidente.

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