MORIRE IN BICI E NON SAPERE PERCHE’

Carlo Iannelli si batte come un leone da cinque anni. Non si rassegna in alcun modo a quella che è la realtà dei fatti secondo gli inquirenti e a quella che invece è un’altra, la sua.

I fatti. E’ sabato 5 ottobre 2019. Corsa ciclistica categoria Under 23, 108 corridori dilettanti, circuito di circa 6 km. completamente pianeggiante da ripetere 19 volte (a una media di 47,8 km orari) per 115 km. complessivi: “Partenza, passaggi, arrivo sotto al balcone del sindaco sulla piazza del Municipio di Molino dei Torti, in provincia di Alessandria”, dice Carlo.

In via Roma, a circa 150 metri dal traguardo, si scatena la volata: 70 km all’ora il picco di velocità di un gruppo che comprende diverse decine di corridori. Giovanni Iannelli, figlio di Carlo, subisce un contatto e viene colpito al manubrio da un avversario. Sbanda sulla sinistra, colpisce col pedale e con il piede sinistro una colonna in mattoni rossi che sporge sulla strada, compie una mezza giravolta, picchia la testa contro la seconda colonna di mattoni rossi che sostiene il cancello dell’abitazione al civico 45: “E’ come se fosse caduto dal quinto piano”, scriverà il perito.

Viene trasportato d’urgenza in ospedale con un elicottero, intubato, tenuto in vita 48 ore con le macchine, ormai solo per consentire l’espianto degli organi: muore lunedì 7 ottobre. Il ciclista che lo ha urtato Si è rotto lo scafoide: interrogato al collegio di giuria subito dopo la fine della corsa, viene rilasciato dai Carabinieri.

“Sono un modesto avvocato di provincia che ha sempre amato il ciclismo e lo ha vissuto a tutti i livelli, tranne che come corridore”, dice Carlo Iannelli. “Ho presentato due istanze di riapertura dell’indagine e richiesto accertamenti supplettivi. Ci sono procedimenti penali aperti davanti alle Procure di Milano, Firenze e Roma, il caso però è troppo imbarazzante per i politici: nessuno si è mai preso la responsabilità dell’accaduto”.

Oltre ai profili personali, Carlo ha aperto sui social pagine e gruppi su X, Facebook e Instagram: “Giustizia per Giovanni, sicurezza per tutti”.

Che cosa chiede, in sostanza? “Un processo. Un processo equo che stabilisca se esistono responsabilità e di chi sono, perché non ci sia mai più un altro Giovanni. Quella strada è larga 5 metri, è l’unica che entra e attraversa il paese, è inevitabile che prima o poi accada qualcosa. Si erano già verificati incidenti in quella corsa, in passato: nel 2019 ci è scappato il morto, mio figlio…”.

Cosa spera di trovare? “Un magistrato serio, onesto e soprattutto coraggioso. Troppa gente ha mentito, ha omesso, ha minimizzato. Il vostro collaboratore Silvio Martinello si è giocato la presidenza della Federazione Ciclistica Italiana, schierandosi subito dalla parte di Giovanni. E’ una vicenda torbida, bisogna fare pulizia e chiarezza”.

Con chi ce l’ha, in particolare? “Con tutti e con nessuno. Le basti sapere che la società che organizza la corsa è il ‘GS Bassa Valle Scrivia di Guazzora (AL)’, il cui presidente è un pensionato, ma i due vicepresidenti sono il sindaco di Guazzora, Pierino Cereda, e Piero Angelo Cisi, vicesindaco di Alzano Scrivia. Il supervisore sull’iinstallazione delle transenne è Adolfo Guagnini, consigliere della società sportiva e sindaco di Alzano…”.

Iannelli conclude ripetendo, come sta facendo quotidianamente sui social, che “l’obiettivo è celebrare un giusto processo per accertare la verità, per fare giustizia perché non ci sia mai più un altro Giovanni. Non è un capriccio, ci sono elementi a iosa, ma sin dall’inizio non si vuole e non si deve avviare alcun procedimento: i magistrati della Procura della Repubblica hanno chiuso subito il fascicolo come fatalità, nel marzo 2021. Io invece non mi arrendo”.

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