di GIORGIO GANDOLA – «Quel tizio mi rovina la foto». Era il 4 giugno di 31 anni fa e Jeff Widener, fotografo dell’Associated press, se ne stava appollaiato davanti a una finestra al sesto piano dell’Hotel Pechino durante le rivolte studentesche che incendiarono la Cina. Imbracciava un cannone fotografico – fotocamera dotata di obiettivo da 400 millimetri con moltiplicatore di focale – per immortalare i carri armati che attraversavano piazza Tienanmen a 800 metri di distanza da lui. Aveva inquadrato i tank e messo a fuoco la situazione.
«Ma quel tizio mi rovina la foto», si lamentò a voce alta quando nell’obiettivo si inserì un ragazzo in maniche di camicia che andò a piazzarsi davanti al primo carro armato. Poi capì che uno scatto estemporaneo (era lì con una delegazione commerciale americana, aveva messo via decine di negativi di noiosi incontri bilaterali e strette di mano) stava entrando nella galleria delle foto del secolo. La colonna si fermò, il tank scartò più volte di lato, ma il giovane con una busta nella mano sinistra e la giacca nella mano destra lo bloccava mettendoglisi di fronte.
Widener scattò una, dieci volte, un rullino di volte. Poi vide il ragazzo arrampicarsi sul carro armato e parlare con un ufficiale. Ricostruzioni successive accreditano due frasi: «Perché siete qui? La mia città è nel caos per colpa vostra» e «Andatevene e smettetela di uccidere la mia gente».
Nessuno sa che fine abbia fatto, i giornali occidentali scrissero che era stato giustiziato qualche giorno dopo. Di quella protesta studentesca sedata nel sangue si seppe poco, il partito comunista fece trapelare un bilancio di 200 morti.
Tre anni fa un telegramma desecretato dell’allora ambasciatore britannico, ora negli Archivi nazionali, parlava invece di «diecimila vittime civili, stima minima. Cadaveri massacrati dai carri armati, poi raccolti con le ruspe, inceneriti e gettati nelle fogne di Pechino».
Per non vedersi sequestrare la testimonianza simbolica (nella hall dell’albergo c’era già la polizia e di sicuro lo avrebbero perquisito), Widener diede il rullino a un turista che lo portò all’ambasciata americana. E il mondo seppe. Seppe allora ed è bene che ricordi adesso su quali basi poggia la democrazia alla quale stiamo dando solenne credito governativo. È tutto lì, in quella foto. Trentuno anni dopo a Hong Kong i metodi sarebbero stati gli stessi se il mondo non fosse iperconnesso.
Nel giorno della ricorrenza è giusto che sappiano anche i ventenni con l’algoritmo incorporato, sbilanciati verso lo Spritz. Quel giovane senza nome era loro coetaneo.