MI SA MA PER MANCINI LA NUTELLA E’ FINITA

Ci sono momenti nella vita durante i quali ti va l’acqua nell’orto. Nel senso che non appeni respiri, trovi gloria, successo, denari, offerte di lavoro.

Per esempio Mancini Roberto. Campione in campo, in panchina, d’Italia, d’Europa, roba buona al punto che gli arabi sauditi si sono incantati e il Mancio, dopo aver sfregato la lampada di Aladino, ha pensato di essere lui medesimo il genio.

Però le notti sono meno di mille, così l’eliminazione dalla coppa d’Asia lo ha svegliato, i datori di lavoro sono ricchi ma non scemi, il fatto che l’allenatore se la sia filata, al momento del rigore decisivo contro la Corea del Sud, non è stato accolto come accade invece in un qualunque bar delle nostre periferie.

Di certo sembra una beffa, c’è sempre una Corea nel destino del nostro football. Inaccettabile, ha detto il presidente delle Federcalcio saudita, al che l’allenatore ha provato a scusarsi come un omino modesto, furbino, dicendo che credeva i rigori fossero già finiti, ma dai.

Dura la vita nel deserto, ci sono gazzelle ma anche iene, il passaporto abbisogna di nuovi visti, dall’infanzia Mancini nuota nella nutella, ora il barattolo sta finendo e c’è il rischio che non ve ne siano altri sugli scaffali dei supermercati.

Restano i coriandoli italiani, le varie campagne pubblicitarie, l’astuzia diplomatica con la categoria giornalistica, l’immagine del bel giovane con una mamma presente in radio e tivvù, le origini nelle dolci Marche pontificie, totale: un prodotto ben confezionato, vincente.

Ma nel deserto tutta ‘sto repertorio finisce nella sabbia ed è inutile che lui provi a fare lo struzzo. Yasser Al Meshal non è mica Gabriel Al Gravina.

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