MASTERCHEF DEL GATTO IN TAVOLA

A occhio e croce, ne ha ammazzati 18.000: una media di 300 gatti al mese per 5 anni. Non un crudele serial killer, ma un ristoratore vietnamita che serviva le sue vittime a tavola: sul menu comparivano come tihitmèo, carne di gatto, o il più sofisticato thieuho, piccola tigre.

Un bel giorno però PhamQuocDoanh si è stufato, corroso dal rimorso, anche perché buona parte dei micini arrivava da furti domestici: forse il gruzzolo in banca è ormai bello corposo, non so, fatto sta che il macellaio si è rivolto alla “Human Society International (HSI)” come fosse un centro di ascolto e ha chiesto aiuto per cessare l’attività, risparmiando la vita all’ultima ventina di cuccioli in procinto di essere affogati come le migliaia che li avevano preceduti.

La notizia è un successo per HSI, che da anni ha creato il programma “Modello di cambiamento” in Corea e in Vietnam chiudendo tre ristoranti specializzati in carne di cane e gatto. Il signor Doanh infatti si era semplicemente adeguato agli usi e costumi locali: in Vietnam si stima che vengano uccisi un milione di gatti all’anno a scopi gastronomici e un numero simile di cani, nonostante solo uno scarso 30% della popolazione confessi di amare quel piatto…

Si tratta per lo più (87%) di animali domestici rubati, per il resto provvede l’importazione dalla Cina che costringe quelle povere bestioline a chilometri e chilometri di viaggio, senza cibo né acqua, sicché una parte di loro ovviamente muore prima di cadere nelle mani dello chef. Nonostante esista qualche legge che vieta la mattanza di cani e gatti, i controlli sono blandi e per nulla efficaci.

La dichiarazione di addio di Doanh è lunga e struggente, piena di sensi di colpa, un cuore straziato dai crimini. Cristianamente accettabile, non fosse che per aprire un negozio di alimentari tradizionale – in sostituzione del ristorante mattatoio – ha ricevuto una sovvenzione dalla stessa HSI. Non è commovente? “Smetti di ammazzare cani e gatti rubati, non ti puniamo: anzi ti diamo soldi per fare qualcos’altro”. Un grande programma riabilitativo, diciamocelo.

In tutta questa storia, l’aspetto più fastidioso sembra essere il fatto che le prelibatezze venissero sottratte a bambini e famiglie. A parte il fatto che noi occidentali (ma anche il 71% degli abitanti di quelle zone lontane) considerano cani e gatti, appunto, animali domestici, vale a dire amici dell’uomo e quindi molto diversi da tutte quelle altre categorie di animali che invece possono essere ammazzati senza compassione. Ho sempre fatto fatica a capire che differenza ci sia, nella pietà e nell’orrore, tra cani e gatti e invece cervi, fagiani, tacchini, agnelli, conigli, polli, maiali, manzi, che peraltro vengono spesso allevati e poi soppressi dagli stessi allevatori, gli stessi padroni insomma. Non voglio sconfinare addirittura nei pesci e nelle cavallette che vanno tanto di moda, però è già con i crimini sugli animali che possiamo parametrare moralità e valori dell’umanità.

Sembra che la fauna oggigiorno sia tutta commestibile, senza eccezioni: i distinguo riguardano i nostri gusti a tavola o il nostro rapporto familiare con i medesimi. Con gli animali abbiamo relazioni diverse: il modo di ammazzarli è secondario, rispetto al fatto che si macellino quelli che ci sono cari o quelli di cui non ci frega nulla e che anzi siano saporitissimi con le patate e le olive taggiasche.

Se non siete vegetariani o vegani, vi consiglio di fare come Ponzio Pilato, magari prima di sedervi per pranzo: lavatevi le mani e buon appetito, senza stare a sottilizzare sulla provenienza e la condanna a morte di quello che vi stanno per servire. Altrimenti farete indigestione di sensi di colpa, rigorosamente a seconda della vostra nazionalità, cultura, estrazione, educazione perché anche la moralità spicciola, quella che riguarda le bestie, sventola bandiere diverse a seconda del vento che tira.

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