MA QUANTO LA FA LUNGA QUESTA INFLUENCER DEL MENU SESSISTA

L’idea di porgere un menù senza prezzi alle donne che si trovano a cena al ristorante con il proprio compagno è certamente datata. E’ chiaramente un galateo d’altri tempi.

Avalla dunque il concetto Abbie Chatfield, influencer australiana che, ricevendone uno in un locale di Venezia, grida indignata al sessismo, amplificata dal vento social.

Devo annotare, con taglio più domestico, che une delle mie figlie adolescenti, trovandosi nella medesima situazione fuori a cena con me e mio marito, ancor prima della rivendicazione “in rosa” ha pensato ad un errore.

Insomma, questa faccenda del non far sapere alla dama quanto costerà il suo filetto al pepe verde sembra avere fatto il suo tempo.

Ma, dirò di più, non è che “sembra”, lo ha proprio fatto il suo tempo.

Non possiamo nasconderci, siamo nel ventunesimo secolo, anni e anni di battaglie femminili e femministe ci hanno emancipato (anche se, va detto, di strada da fare ce n’è ancora tanta) ed è impensabile che una qualsiasi signora non abbia almeno l’idea, l’ordine di grandezza, di quanto possa costare ciò che ha nel piatto.

Eppure la pratica anacronistica di non apporre una cifra accanto alla portata “à la carte”, per me, ha ancora un che di romantico.

E’ un dettaglio che ben si accorda con cose tipo l’aprire la portiera della macchina, cedere il passo quando si attraversa l’uscio.

Il sessismo vero è altro, e gli esempi sarebbero tanti a volerli citare, tutti li conosciamo. Penso alle discriminazioni in fatto di carriera, dove per le donne è ancora drammaticamente difficile far percepire le proprie capacità e raggiungere i vertici; o, sempre in ambito professionale, la disparità di trattamento sui congedi parentali quando arriva un bambino. E anche qui, sarebbe sbagliato non riconoscere i passi che si stanno piano piano compiendo perché qualche novità in proposito anche per i neopapà c’è.

Ma è sempre poco, ed è sempre tardi.

Ecco, forse il grido globale della bella Abbie avrebbe avuto un impatto più utile se la denuncia avesse riguardato temi più concreti. In ogni caso, amica Abbie, mi pare che la fai troppo lunga per una causa decisamente meno letale di tante altre. E non credere che nemmeno noi donne riusciamo a evitare il dubbio di una tua intemerata solo per aumentare i clic, conosciamo bene voi influencer, maschi o femmine.

E poi, per dirla tutta, a costo di irritare ulteriormente questa fondamentalista Abbie, io credo che la galanteria non sia sbagliata quando parte dal rispetto per “lei”, in un’epoca storica in cui le donne finiscono sul giornale spesso (troppo spesso) da vittime del maschio malato che si crede dominante.

Certe buone maniere sanno di favola e piacciono moltissimo alle adolescenti.

Una conferma tangibile è il successo planetario di “Bridgerton”, serie tv targata Netflix a base di corte inglese, famiglie nobili, balli, proposte di matrimonio e innamoramenti folli, che sta spopolando fra le ragazze e i ragazzi, più o meno dai 14 ai 21 anni (e anche fra le loro mamme), grazie a un parterre di attori bellissimi (maschi e femmine) e di storie d’amore che, per l’ora scarsa di ogni puntata, catapulta in un mondo da Cenerentola al ballo.

Lì non c’è nessuna influencer che grida allo scandalo, a nessuno scandalo.

In più, posso assicurare per testimonianza diretta, che le giovani spettatrici, spento il televisore, non abdicano affatto a nessuna delle conquiste femminili degli ultimi due secoli, continuano ad avere ben chiaro ciò che una donna può e deve esigere.

Semplicemente si sono concesse un breve momento di sogno che, in fondo, non può che far bene.

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