L’UOMO MORDE IL CANE: LA DC BUTTATA FUORI DA ROMA

I tempi cambiano e noi con essi: così si esprimeva due secoli fa il Talleyrand. Certo, lui intendeva la cosa in un significato piuttosto personale e autoassolutorio, ma sta di fatto che i tempi sono cambiati per davvero: eccome!

Qualche decennio fa, diciamo una trentina d’anni, la Democrazia Cristiana era il sinonimo stesso del potere: aveva governato sull’Italia, in solitaria o in condominio, dal 1948, senza soluzione di continuità, per cui, alle orecchie di noialtri, che abbiamo una certa età, la DC era il potere, tout court. Nei palazzi romani si sono succedute generazioni di cacicchi e di boiardi, dall’austerità trentina di De Gasperi alle gengive snudate di Forlani.

Eppure, oggi, se chiedi a un ragazzo della Democrazia Cristiana, ti guarda come se gli avessi domandato notizie del papiro ossirinchio: semplicemente, è stata cancellata dalla politica che conta. Prova ne sia che, incredibilmente, a Roma, alle elezioni amministrative, forse non ci sarà. Sembra un paradosso: il partito che ha incarnato, agli occhi del Paese, la politica romana, con i suoi conclavi e le sue mani che si lavano a vicenda, rischia di essere esclusa dai giochi per il Campidoglio. Lì, nella monarchia assoluta di Andreotti.

Oddio, intendiamoci: non è che il candidato democristiano, che si chiama Rodolfo Concordia ed è un commendatore viterbese sconosciuto ai più, avesse qualche possibilità di succedere alla Raggi, ma qui stiamo parlando di cancellazione dal certame elettorale, con quel che ne consegue. E quel che ne consegue è l’impossibilità, per ciò che resta della Balena Bianca, di contare qualcosa, in termini di alleanze, appoggi, ballottaggi e simili. Insomma, il commendator Concordia, se il TAR non accoglierà il ricorso presentato dal suo partito, si vedrà escluso dai giochi: dai ludi elettorali come da quelli, chiamiamoli così, cencelliani, per cui ogni briciola di potere capitolino viene lottizzato e distribuito proporzionalmente.

E’ la fine di un’epoca, probabilmente o, meglio, l’epilogo tragicomico di un declino triste e inarrestabile, che ha cancellato, in trent’anni, il partito italiano di maggioranza relativa: avranno anche prodotto una documentazione incompleta, ma, in altri tempi, solo l’idea di escludere la DC da un’elezione a Roma sarebbe suonata come una fucilata in chiesa. Invece, siamo a un passo da quell’esclusione: e questo è, per chi conosca un pochino la storia politica del nostro Paese, un apologo meraviglioso dei destini umani e della loro vanità.

Così, epidermicamente, la cosa mi diverte. Però, a pensarci bene, viste le nuove leve e la loro maiuscola inconsistenza, un qualche timore circa il fatto che finiremo col rimpiangere lo scudo crociato lo provo. E, poi, quest’epoca che è finita con questo grottesco capitombolo, bene o male, era la mia epoca. E, tra non molto, toccherà anche a me di capitombolare, in maniera definitiva, in una lassitudine orizzontale. Proprio come la cara, vecchia Moby Dick. A titolo perenne.

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