L’UMORISMO DI GIUNTOLI SULLA DONNA IDEALE

Eppure siamo nell’epoca della comunicazione, dei tweet, dei post. Le parole hanno un peso come forse mai lo hanno avuto, perché una volta erano materia riservata a giornalisti e scrittori, oratori e affabulatori più o meno colti. Nonostante questo, nonostante uffici e addetti stampa, nonostante la fioritura di chat, videochat, convegni e conferenze, il linguaggio non fiorisce. Forse neppure germoglia.

Non sto parlando di sintassi, battaglia persa da tempo immemore, ma di contenuti. Lo sport è generalmente attento a quello che accade fuori dalla finestra, perché sapete, non ci sono solo giocatori che si tatuano o buttano soldi in scommesse, orologi o automobili: moltissimi sono impegnati nel sociale, appartengono a organizzazioni di solidarietà e beneficenza, vanno a trovare bambini e malati. Spesso prende posizioni anche drastiche al cospetto di eventi che scuotono l’opinione pubblica, non mancando talvolta un filo di ipocrisia, ma insomma già il solo schierarsi rappresenta un gesto che va apprezzato.

La buccia di banana su cui scivola scientemente Cristiano Giuntoli, già direttore sportivo del Napoli scudettato e ora alla Juventus, è di quelle che non fanno ridere, anzi suscitano fastidio e irritazione. Giuntoli è persona preparata, protagonista di una scalata professionale encomiabile, limpida fino a propria contraria. Non è nemmeno uno che parla spesso, fra l’altro. E forse è meglio così, viene da dire. Ospite dal “Festival dello sport” di Trento, per giustificare qualche flop nel calciomercato – incidenti di percorso che capitano anche al migliore degli operatori – non ha trovato nessuna metafora migliore di questa: «Si cerca di non sbagliare, ma ogni tanto capita perché le dinamiche sono molte. Quando prendi un giocatore, è come una fidanzata: pensi sia quella giusta, la inviti a cena, ma quando la porti a casa capisci che non va bene perché non fa da mangiare, non lava, non stira. Bisogna stare attenti».

Immagino il compiacimento di sua moglie quando avrà saputo dell’esternazione del consorte: mi è andata bene, non cercava una che amasse, crescesse i figli, nemmeno una brava a letto secondo le priorità che ha espresso a Trento. No, lui voleva me perché dopo cena mi ha portato a casa, gli ho lavato i vestiti, li ho stirati e gli ho preparato anche un dolce su due piedi perché quello del ristorante non gli era piaciuto. Perché sapete (dice la moglie di Giuntoli), poteva andarmi male: dopo essere stata a casa sua la prima volta avrei potuto scoprire che era un violento, che picchiava le donne, che le insultava e mancava loro di rispetto. Invece no, è così tenero con la bella lavanderina, la cuoca, la tintora…

Il fatto è che nel salone gremito di Trento, la gente ha applaudito all’improbabile paragone tra un terzino destro e la fidanzata ideale. Forse sono io che sono scivolato sul politically correct, seppure detesti sia l’espressione anglofona sia l’appartenenza al movimento bacchettonista. Sta di fatto che, leggendo qua e là, siamo in molti, e molte, ad essere infastiditi dall’umorismo di Giuntoli. Il quale non ha chiesto scusa, lasciando quindi il dubbio che in un Paese dove i femminicidi e i soprusi sulle donne attraversano una spirale di crescita inquietante, si possa ancora riderci su.

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