LOTTARE CONTRO FACEBOOK DA RUVO DI PUGLIA

Ho incontrato Paolo Pinto nel 2017, a margine del workshop che “Sportitalia” organizza ogni anno per centinaia di giovani provenienti da tutta Italia. Paolo, oggi 36enne, laureato in scienza della comunicazione, vive e lavora a Ruvo di Puglia. Innamorato dello sport, telecronista e collaboratore di “Tele Regione” e “Antenna Sud Canale 13”, corrispondente per “La Gazzetta del mezzogiorno”, mi confessò la frustrazione per lo scarso movimento sportivo pugliese: le grandi squadre di calcio galleggiano in categorie inferiori, nelle altre discipline si fa una fatica d’inferno a crescere e suscitare interesse. Di conseguenza la sua passione per il giornalismo sportivo era ridotta a un hobby, perché per vivere Paolo si affidava a una copisteria-cartoleria insieme con la moglie e la cognata. Nel frattempo ha fondato “Ruvesi.it”, un portale dedicato al movimento sportivo della zona di Ruvo.

“Perché non ampli il raggio? Segui anche la cronaca e la politica locale…”, lo consigliai.

Si buttò a capofitto insieme con Silia Eden, sua cognata, brillante giornalista e conduttrice, e altri 5 collaboratori tra tecnici e praticanti. Aprì la pagina Facebook raggiungendo 10.000 likes (su una popolazione di 28.000 persone), con 6000 utenti e 10.000 visualizzazioni quotidiane, che lo indussero ad aprire anche il canale YouTube e ora Telegram.

Il 26 aprile 2021, però, senza alcun avviso e nessuna motivazione ufficiale, Facebook chiude la pagina di “Ruvesi.it”. Gli utenti degli altri canali calano, di conseguenza, del 65% (difficile spiegare alla gente che il riferimento della testata è il sito e non sono le pagine social), ma Paolo Pinto rileva la moribonda testata “Ruvodipuglia.web” e risale un po’ la china. Promuove causa contro “Facebook” (la pagina è tuttora oscurata), ma i rappresentanti di Mark Zuckerberg non si presentano né all’udienza preliminare di settembre né a quella conclusiva di dicembre ed ora si è in attesa della sentenza.

Dall’altra parte dell’Oceano, ad Alex Mather e Hadam Hansmann è andata decisamente un po’ meglio. Loro non avevano nessuna ambizione giornalistica: erano semplicemente tifosi. Alex aveva nel cuore le squadre di Philadelphia, ma si era trasferito a San Francisco e sulla West Coast era complicato sapere cosa accadeva alle squadre di basket, football, baseball, hockey della città a East Coast. Sui social “solo cose scadenti” e a Frisco “parlano solo dei Dallas Cowboys”. Hadam ha il gene dell’imprenditore: all’Univeristà di Notre Dam, a soli 19 anni, aveva allestito un servizio notturno di bibite fresche per gli studenti.
I due ragazzi si incontrano lavorando entrambi per “Strava”, l’app per runner e ciclisti. Nel 2016 la miscela tra Mather (allora 36enne) & Hansmann (30) partorisce l’idea del sito “The Atletic”, una rivista online senza pubblicità e fruibile solo a pagamento. Prima a Chicago, poi a Toronto, mano a mano in tante altre città, fino a quando “The Atletic” sbarca a Londra, dove il sito apre le prime pagine e rubriche sul calcio.

Che facevano i due ragazzi? Reclutavano i migliori talenti dai giornali locali, complicando non poco la vita già appesa a un filo di quelle piccole testate. Il loro primo investitore è stato proprio il proprietario di “Strava”.

L’assunzione dei collaboratori (oggi circa 500) non è stata difficile: i media locali che hanno chiuso i battenti negli Stati Uniti sono centinaia in questi anni. “The Atletic” è stata definita la Netflix dei giornali sportivi: “Inutile fare concorrenza sul nazionale ai grandi media”, spiegano i due imprenditori. “Vogliamo essere i più importanti giornali locali di sport nelle principali città”, attraverso la tecnologica e stipendi che oggi sono circa del 35% in più rispetto a quanto i loro redattori guadagnavano prima.

“The Atletic” rivela al “New York Times”, attraverso un’intervista a Mather, di seguire la concezione del modello di Uber: essere ovunque ci sia una forte domanda. Finale all’americana: il “New York Times” ha offerto ai due soci 550 milioni di dollari per rilevare la testata online, pagando loro circa 458 dollari ad abbonato – quelli del quotidiano cartaceo valgono circa il doppio -. Ha funzionato.

A Ruvo di Puglia non sono gelosi: vanno avanti con tenacia, aspettando spiegazioni e forse un risarcimento, con l’unico scopo di continuare a lavorare.

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