LO STATO IN GINOCCHIO DAVANTI A UN BONUCCI

di CRISTIANO GATTI – Mai pensare di avere visto tutto. C’è qualcosa di ancora più sconvolgente del pullman azzurro in giro per le strade di Roma, benzina sul fuoco degli assembramenti senza mascherina: ci sono le spiegazioni e i retroscena del giorno dopo.

Da quello che raccontano i giornaloni, risulta ormai accertato che lo Stato è finito in ginocchio davanti a Bonucci. La vergogna non è di Bonucci: è dello Stato. Basta leggere l’intervista al “Corriere” del prefetto di Roma, Matteo Piantedosi, per capire a quale livello di pietosa umiliazione sia arrivata la nostra gloriosa nazione. Mentre il ministro Speranza – abbiamo tutti il dovere morale di dargliene atto – diceva no al pullman, il prefetto e i suoi uomini andavano al confronto con il leader della nazionale, questo fine pensatore che è Bonucci. “Abbiamo vinto la trattativa”, dirà poi fiero di sé l’azzurro. Senza nemmeno andare ai rigori.

Imbarazzante, davvero imbarazzante ascoltare come si giustifica adesso il prefetto: “La Federazione del calcio ha tradito i patti. Quel pullman ce lo siamo trovati per strada e a quel punto, per evitare disordini, abbiamo dovuto accettare”. Io userei un verbo più adeguato: subire. Sì, l’ho già detto, ma non trovo un altro modo per dirlo: uno Stato sovrano in ginocchio davanti a Bonucci.

Ma diciamocelo, anche se abbiamo appena trionfato agli europei di calcio e il nostro orgoglio patriottico è ai massimi livelli: che razza di Stato è, quale forza e quale autorevolezza, direi quale semplice serietà dimostra questo Stato che manda suoi funzionari a trattare con uno stopper, così che in giro per il web circolano poi scene di una miseria insormontabile, Bonucci che detta condizioni e gesticola come un padrone e i funzionari che annaspano e incassano come poveri domestici chiamati a rapporto.

Assieme al rigore parato da Donnarumma, gli italiani veri e seri dovrebbero ricordare questa scena, il momento in cui un calciatore qualsiasi, gonfio di slogan e idolatria popolare, impone il suo ricatto e mette a tacere il cosiddetto interesse collettivo, questa paura delle varianti, questa necessità di essere ancora prudenti, questa normativa ancora così stringente per tutti gli altri, dai ristoratori ai parrucchieri, dagli artigiani agli studenti, dagli ospedali ai teatri.

Niente, in quella indimenticabile giornata romana, un giocatore qualsiasi ha imposto le sue condizioni e lo Stato sovrano ha vergognosamente chinato il capo, diffondendo in giro per il Paese un messaggio devastante, il solito messaggio per cui in Italia non ci sono regole uguali per tutti, ma solo per qualcuno, e se quel qualcuno le osserva non è un bravo cittadino, ma un fesso totale.

Questo, signor prefetto che adesso finge di fare l’offeso, è il risultato della storica giornata romana. E se vogliamo proprio dirla tutta, delle tante umiliazioni che abbiamo dovuto incassare, questa del meschino scaricabarile tra istituzioni puntualmente messo in scena il giorno dopo è decisamente la peggiore. Puerile. Quando un’autorità s’inchina a quel modo davanti a un Bonucci, restano aperte solo due strade: o corre a nascondersi, o almeno tace. La scelta è libera.

2 pensieri su “LO STATO IN GINOCCHIO DAVANTI A UN BONUCCI

  1. Fiorenzo Alessi dice:

    Egr.Dott. Cristiano Gatti,
    Sottoscrivo integralmente. Ci mancherebbe altro !
    Tra emeriti ignoranti (nel senso etimologico del termine) , tizi tronfi di presunta gloria pedatoria ma scarsini quanto ad educazione civica , e monatti a piede libero , ci sono più che valide ragioni per una definizione alla principe De Curtis : questo non è uno Stato, questa è una fetecchia .
    Cordialmente.
    Fiorenzo Alessi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *