L’INGUARIBILE IDIOZIA D’ALTA QUOTA

Andare per monti non è come andare a prendersi un gelatino sul lungomare: perfino le escursioni all’apparenza più facili possono riservare brutte sorprese a chi le affronti senza il debito allenamento e senza un equipaggiamento appropriato. Ormai lo sappiamo tutti a memoria. Quasi. Purtroppo, il numero dei cretini è enorme, a qualunque latitudine, e, tra questi, brillano per cretineria quelli che vanno in montagna come se scendessero sotto casa a comprare le sigarette.

Partiamo dalla base: in montagna, il clima è molto variabile e così le temperature. Anche per un’escursione di un paio d’ore, bisogna munirsi di un cambio, panni caldi e qualcosa di impermeabile: d’altronde, gli zaini li hanno fatti apposta. Inoltre, è bene studiarsi l’itinerario, specialmente se si superano certe distanze, quote, dislivelli, in modo da scegliere percorsi che non siano troppo impegnativi per le proprie capacità: a questo scopo, hanno inventato le cartine e, in tempi più recenti, le mappe interattive su internet. Infine, se si devono affrontare difficoltà particolari, come sentieri attrezzati o ferrate, è assolutamente imperativo essere dotati dell’attrezzatura giusta: imbrago, cordino, casco e così via. Lo stesso dicasi qualora s’intenda affrontare vie di ghiaccio o nevai: piccozza, ramponi, corda e imbragatura sono il vademecum dell’escursionista da ghiacciaio.

Questa sarebbe la grammatica: nella pratica, però, questi discorsetti da grillo parlante restano spesso lettera morta. Non solo vedi torme di gitanti indomenicati salire in quota, mercè funivie e impianti di risalita vari, con la stessa mise indossata a fondovalle, ossia infradito e canottierina alla moda, ma assisti anche al ripugnante spettacolo di questi dementi che si scaraventano su e giù per scalette ghiacciate e per scivoli di neve, spesso rotolando in terra e rischiando di farsi male, se non malissimo. E fosse solo questo: non è affatto infrequente sentire di cordate improvvisate, spesso composte da gruppi eterogenei, in cui uno sa andare in parete e gli altri seguono, affidandosi alla divina provvidenza, che s’inchiodano dopo due o tre tiri e non vanno più né su né giù.

E, allora? Allora si chiama il Soccorso Alpino, che interviene con eccezionale abnegazione e dosi enormi di santa pazienza, a costi altissimi, sia in termini di denaro che, purtroppo, talvolta, di vite umane. Il quale Soccorso Alpino è rubricato come SAR, ovvero ricerca e recupero, ma, di fatto, dipende dal 118 e ne condivide molte regole. Dopo infiniti mugugni e lamentele, per centinaia di interventi che di emergenziale non avevano nulla, finalmente, da qualche anno, perlomeno sulle Alpi, escluse la Liguria e la Venezia Giulia, si è deciso di fare pagare un ticket per le richieste di soccorso non motivate: una volta, chiamavano l’elisoccorso per una sciura col mal di piedi, tanto per capirci.

Oggi, se non c’è un ricovero o, perlomeno, una valutazione di necessità sanitaria, chi scomoda il Soccorso Alpino senza ragione paga. Paga poco, per la verità: le tariffe sono tutte calmierate e raramente superano i 100 euro. Altro discorso, naturalmente, vale per le operazioni di elisoccorso: un elicottero ha un costo notevolissimo per minuti di volo e, quindi, chi ne richieda l’intervento senza giusta causa, deve pagare una discreta sommetta, che, tuttavia, è ovunque intorno ai 1.500 euro, vale a dire molto meno del costo effettivo del volo.

Dunque, i cretini ci costano ancora cari. Questo, nonostante l’informazione sui rischi della montagna e l’aumentata responsabilizzazione di tanti escursionisti: perché, se uno è deficiente, rimane tale, anche se gliela canti in aramaico.

Così, ogni estate, leggiamo di incidenti dovuti alla stupidità o alla leggerezza; questa è la punta dell’iceberg, ma, lontano dalle cronache, esiste una realtà di interventi pressochè quotidiani, che i nostri bravissimi uomini del Soccorso Alpino devono effettuare, spesso rischiando grosso (proprio come i due finanzieri morti in addestramento) , per recuperare in parete qualche incosciente o per soccorrere un fesso che si è slogato la caviglia perché, al posto delle pedule, indossava scarpe da jogging. Gli ultimi, in sandali a 2000 metri sulle Dolomiti friulane, come ampiamente registrato dalle cronache.

Ecco il quadro: dovrei chiudere questo articolo con le solite speranze di circostanza, dicendo che, dai e dai, i turisti in montagna impareranno a comportarsi come persone dotate di buon senso e non come pecore matte. Ma sono appena sceso dal Caré Alto, incrociando spensierate comitive, bardate come se andassero all’Outlet Franciacorta; e vi confesso che tante speranze non le coltivo. Coltivo, semmai, le debite maledizioni.

Un pensiero su “L’INGUARIBILE IDIOZIA D’ALTA QUOTA

  1. Claudio dice:

    Ricordo di aver visto sulla ferrata tridentina, circa 10 anni fa, un turista austriaco che indossava dei sandali in gomma , lo ricordo perche’ qlla volta mi ero appoggiato in un anfratto della montagna per riposarmi, lasciando passare gli altri.

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