L’IGNOBILE SOCIETA’ CHE POSTA E RIDE DAVANTI ALL’UOMO CHE BRUCIA

Francesco Sandrelli è morto. Era un artista cinquantatreenne di Cortona, in provincia di Arezzo, e la sua auto si era incendiata due mesi fa sul Grande Raccordo Anulare di Roma. Lui era uscito dall’auto, ma le fiamme già l’avevano avvolto, provocando ustioni che si sono rivelate letali.

Il Grande Raccordo Anulare non è una strada sperduta di campagna, molti automobilisti videro lui e la sua auto in fiamme, ma l’indifferenza non conosce geografia, l’indifferenza sa essere chirurgica e glaciale, ma c’è di peggio e il peggio è passare sul Grande Raccordo Anulare, vedere un’auto e un uomo in fiamme e non pensare di chiamare i soccorsi, almeno chiamare i soccorsi.

Il peggio è pensare che la priorità sia mettersi a filmare tutto quanto, inoltrare agli amici e poco dopo pubblicare tutto quanto sul social, sul sito o sul canale che il branco frequenta.

“Ah zi’, hai pijato foco?… Senti che callo, mamma mia. Questo lo mandiamo a Welcome to favelas”. Questo è il commento e quello che accade, il video viene pubblicato su “Welcome to Favelas” e immagino l’orgoglio dei nostri eroi.

Passa l’auto, il rinomato regista riprende il tutto, lui e il compagno di viaggio, il guidatore, nemmeno ci pensano a fermarsi, fanno i sarcastici e proseguono fieri. Si ipotizza l’omissione di soccorso e si cercano i capitani coraggiosi, i quali ovviamente filmano, commentano e postano sotto mentite spoglie, scaltri, intraprendenti e pure intrepidi. Uomini veri insomma.

Già si sente dissertare sulla decadenza dei tempi che corrono, sulla società dell’apparire, sui leoni da tastiera, sul pensiero che vuole tutti presi a essere protagonisti sui social, a dimenticare ogni virtù pur di vedere apprezzato un post. Va bene, tutto vero, ma non ci sto.

Le dissertazioni sociologiche cominciano a stancare e avanti di questo passo c’è sempre un’attenuante implicita, il pensiero dei tempi che corrono, quasi che a mostrare indifferenza sia il pensiero corrente e non individui con un nome e un cognome.

Invece no, deve essere guerra, capillare e impietosa, i nomi e i cognomi di quelle persone devono essere scoperti, devono essere pronunciati e devono essere conosciuti, perché le persone che hanno commentato, filmato e postato non sono vittime del pensiero dei tempi che corrono, hanno scelto volutamente quel pensiero, sono responsabili per aver scelto quel pensiero e sono responsabili delle azioni che da quel pensiero sono scaturite.

Ognuno di noi è responsabile di quello che fa e ognuno fa suo il pensiero che sceglie, altrimenti sarà sempre il qualunquismo ad averla vinta, perché ci sarà sempre l’alibi e l’attenuante del ‘così va il mondo’, così fanno tutti, ma così va il mondo per chi sceglie che così deve andare.

Vale per il leone da tastiera, vale per il commentatore, vale per chiunque.

Un pensiero su “L’IGNOBILE SOCIETA’ CHE POSTA E RIDE DAVANTI ALL’UOMO CHE BRUCIA

  1. Cristina Dongiovanni dice:

    Si, per questo evento così eclatante possiamo forse sperare che l’indagine porti a dei colpevoli di omissione di soccorso. Il problema dell’indifferenza però è molto profondo, si insinua come un veleno che spesso ha pure un buon sapore, cioè appare legato a principi positivi, si traveste da discrezione, riservatezza, tolleranza. Le frange estreme divengono terribili come quelle di questo episodio, ma sotto, invisibile, c’è una cultura individualista e perbenista che le supporta, un qualunquismo pervasivo che muove dalla perdita della socialità vera. La socialità falsa è dappertutto e, in ambiti particolari e coltivati dal nulla mediatico, sfocia nel più brutale ed insulso distacco dal prossimo sconosciuto. Personalmente lo percepisco molto questo mondo di sorrisetti di circostanza che non valgono nulla, e comprendo benissimo che l’apice negativo di questi atteggiamenti, ove altre pessime circostanze si aggancino, possa determinare questa perdita tremenda di umanità.

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