La prima cosa che ho fatto è andare a rileggermi bene il significato di Welfare, perché qualche dubbio è nato subito: “Sistema sociale che vuole garantire a tutti i cittadini la fruizione dei servizi sociali ritenuti indispensabili. Il Ministero del Welfare è quello del lavoro e degli affari sociali”.
Cosa ci azzecchino il Welfare con la proposta di premi a una vita sana, vattelapesca. Il dibattito però è assai più intrigante rispondendo alla domanda di Carlo Verdone, “In che senso?”, si intendono i comportamenti virtuosi. Conoscete quella paradosso tragicomico, creato incastrando fatti veri, secondo cui l’inventore della dieta dissociata è morto a 65 anni, l’inventore del jogging a 52 e quello della Nutella, il grande Ferrero, a 89… Già la definizione di vita sana qui va a farsi benedire. Là dentro quelle stanze di Montecitorio e Palazzo Madama è difficile farli andare d’accordo sulle cose concrete, tangibili, quotidiane. Politiche, insomma. Figuriamoci sui concetti empirici: quando mai si arriverà a un’intesa su un tema che contempli le “vite virtuose”…?
Cosa dovremmo fare? E come potremmo dimostrare le nostre virtù? Prendete me, un cittadino qualsiasi. Vivo da solo: dovrò compilare un questionario per Bertolaso scrivendo che faccio ginnastica, non fumo, non bevo alcolici, vado a letto presto la sera, cioè una montagna di menzogne che nessuno può confermare (se non qualcuno mentendo)? Tra una pasticca e l’altra per regolare la pressione e tenere sott’occhio la prostata, l’unico segno di buona salute di cui godo è l’essere donatore di sangue, da diversi anni: l’Avis poi ti manda gratuitamente tutti gli esami a casa e i miei valori grazie a Dio sono ancora a posto. Ma sarà mai sufficiente per avere un premio? E poi mica dono sangue per avere premi, anzi onestamente alcuni esami specifici me li faccio privatamente e li pago.
Ci sarà di mezzo anche il sesso? Mah, quello è un campo in cui ormai vengo premiato a Pasqua e Natale, se va bene. Sicuro (come è sicuro che ormai fa pari con le eclissi), controllato, stessa partner, giusto qualche innocente fantasia che mi guarderò bene dallo spiattellare a Bertolaso, nel caso. Droghe, come certificano le donazioni, abbandonate da lustri. Donnine, non ci sono soldi da buttare. Quindi sto raggiungendo lo status di cittadino modello? (Tacendo i vizi, si intende).
O Bertolaso intende che gli anziani un po’ ipocondriaci o in generale gli ipocondriaci di tutte le età, si diano una regolata e non vadano più a farsi visitare tre volte la settimana, trascorrano ore e ore in farmacia creando code, sbuffi e imprecazioni da quelli come me, non rompano più gli zebedei al medico di base ad ogni starnuto e colpo di tosse? O peggio, vadano a occupare lettini e barelle negli ospedali e nei Pronto Soccorso ogni tre per due?
Spero vivamente che la virtuosità cui sta pensando Bertolaso riguardi il corpo e non la morale, perché allora vincerei facile sostenendo il Comitato Maria Letizia Verga, essendo stato volontario in un campo di profughi, dando un piccolo contributo mensile all’UNHCR e un paio di altre fondazioni, andando a trovare i miei amici sfortunati al centro disabili di Inzago. Lo faccio per un premio? Sì, il personalissimo egoistico premio di pulirmi l’anima e la coscienza come quando vado in chiesa a contemplare Santa Rita. Sono affari miei, non dello Stato.
Ma poi, scusate, se bisogna tagliare, si parte proprio dalla Sanità? Non si potrebbe iniziare con l’abbassare i costi e premiare i comportamenti virtuosi a Montecitorio e palazzo Madama? Lì si che ci sarebbe davvero da divertirsi nel preparare, compilare e poi rendere pubblici i questionari. Bisognerebbe andarci giù pesante nei tagli, poi, però: col macete.