LE PAROLE PIU’ BELLE PER SAMMAN

Saman Abbas tre anni dopo. Tre anni dopo essere stata uccisa dal padre, dalla madre e dallo zio, per aver rifiutato il matrimonio che loro avevano deciso per lei, per aver voluto l’amore che aveva deciso lei e non altri.

Tre anni dopo la salma torna a Novellara e viene celebrato il funerale. La comunità, con il sindaco in prima linea, si dice pronta a conservarne memoria ed esempio, ma sono soprattutto altre le testimonianze che mi colpiscono e che devono risaltare in questo momento.

Le parole del fratello di Saman innanzitutto, che dicono questo: “Sei sempre stata la sorella più forte e coraggiosa. Mi mancherai ogni giorno, ogni momento, ogni notte”. Le parole vengono incise anche sulla stele vicino alla tomba di Saman e non sono circostanza e nemmeno scontate. Proprio perché Saman è stata ammazzata dal suo stesso sangue, proprio perché proviene da una comunità spesso omertosa, le parole del fratello devono essere accolte e amplificate risolutamente.

E ancora con maggiore risolutezza dovremmo accogliere le parole di Yassine Lafram, presidente di UCOII (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia): “Saman è stata uccisa da chi doveva proteggerla. Noi come comunità islamica abbiamo sentito il dovere di accompagnarla per quest’ultimo saluto, insieme a suo fratello. Abbiamo celebrato il rito funebre islamico proprio per dire che Saman da viva e da morta è parte integrante della comunità islamica. Non l’abbiamo rinnegata da viva, non la rinneghiamo da morta”.

Parole che possono suonare prevedibili, ma non lo sono. Dall’11 settembre in avanti, passando attraverso le stragi e gli attentati nelle città europee in questo primo quarto del ventunesimo secolo e ricordando tutti gli omicidi e le vessazioni nei confronti delle donne, troppo spesso la comunità islamica si è nascosta o ha mostrato timidezza nel condannare le barbarie.

Non siamo abituati al biasimo esplicito, alla disapprovazione convinta della comunità islamica nei confronti della follia integralista di questi anni. A ridosso dell’omicidio di Saman, conviene ricordare che molti islamici intervistati per strada negavano l’arretratezza e l’inciviltà di un pensiero che vuole la donna sottomessa allo ius familiae del matrimonio combinato.

È di pochi giorni fa la notizia della morte di Vida Shahvalad, giovane studentessa iraniana trovata senza vita con il fidanzato italiano, vittime di una sciagura causata dal gas di scarico inalato nel garage di casa. La famiglia in Iran non potrà ricevere la salma della figlia, perché Vida è considerata impura e di facili costumi e le autorità non ne consentono il rimpatrio.

Per questo, anche per questo, le parole del fratello di Saman e quelle di Yassine Lafram non sono parole banali e meritano di essere amplificate, possibilmente spiegando il motivo.

Perché a qualcuno comunque non risulterà chiaro.

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