LE BEGHE FAMILIARI AL TEMPO DEL COVID

di ALBERTO VITO (sociologo e psicologo) – Uno degli effetti della complessa situazione psicologica che la pandemia sta imponendo da mesi a tutta la collettività è l’aumento di casi di conflittualità familiare.

Il canovaccio tipico è il seguente: in alcune famiglie ci sono persone particolarmente spaventate dal rischio del contagio, che hanno ridotto drasticamente le uscite e le occasioni di incontro sociale. Nei casi estremi, ci sono individui che, grazie allo smart-working o alla didattica a distanza, praticamente non escono di casa da mesi. Essi ovviamente vorrebbero che anche gli altri componenti del nucleo familiare adottassero gli stessi rigidi comportamenti. Ma in genere, nelle stesse famiglie, vi sono invece altri individui che escono regolarmente di casa, incontrano qualcuno al lavoro e nella sfera amicale.

I primi accusano i secondi di essere superficiali, egoisti, potenziali portatori del covid in famiglia. Questi a loro volta rispondono all’accusa tacciando di esagerazione e di paranoia coloro che sono chiusi in casa.

In talune situazioni il livello di stress e di conflittualità diventa molto elevato. Chi si barrica in casa sta davvero male e vorrebbe imporre tamponi a tutti al minimo accenno di malanno; inoltre, deve beccarsi di continuo le accuse di essere malato dal punto di vista psicologico.

Ma anche la situazione degli altri non è piacevole, considerati quasi alla stregua di untori pericolosi e trattati da irresponsabili, tanto che dovrebbero chiedere il permesso ogni volta che escono di casa. In genere, i restanti membri della famiglia assistono impotenti e navigano senza costrutto tra l’una e l’altra posizione estrema. Come uscirne?

Certamente potrebbe essere d’aiuto, anziché litigare per affermare posizioni inconciliabili nel tentativo di modificare l’altro, provare a ricercare i punti di contatto tra questi atteggiamenti, opposti solo in superficie. Infatti, andrebbe riconosciuto che entrambe le posizioni rappresentano un tentativo di difesa dall’angoscia che pervade tutti. Bisognerebbe ammettere come entrambe le posizioni, sia quella tendente alla negazione del pericolo e alla sottovalutazione dei rischi, sia quella di ridurre l’ansia mediante il tentativo ossessivo di controllare tutte le variabili in gioco, abbiano in effetti lo stesso scopo: fronteggiare la paura e convivere con l’ignoto.

Vedere in comportamenti così diversi la reazione ad una situazione emotiva comune, riconoscere nell’altro non un nemico, ma semplicemente colui che gestisce in modo diverso un problema che ha in comune con te, può essere il primo passo per una più sana convivenza familiare.

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