LA RIVOLUZIONE DE NOANTRI CHE CHIUDE PER PONTE

Poi uno dice che la sinistra non è più quella di una volta e a qualcuno con la tessera della sinistra di oggi può sembrare la solita tirata moralista verso i tempi che corrono.

Però questi collettivi di sinistra che hanno occupato l’università Sapienza di Roma sono straordinari. Compatti, rivendicano un’Università antifascista, qualunque cosa significhi, e non solo, rivendicano un’Università anticapitalista, antirazzista, ecologista, transfemminista. Tutte parole loro.

Sono straordinari, dicevo, in primo luogo perché evitano la banalità dei concetti base ed elementari. A nessuno di loro è venuto in mente ad esempio di rivendicare semplicemente un’Università migliore, dove la qualità dell’insegnamento sia sempre più alta, dove i ricercatori possano avere a disposizione le opportunità che trovano invece più facilmente all’estero, e ancora un’Università che si mostri più attrattiva per gli studenti italiani, visto che siamo il penultimo Paese nella Comunità Europea per numero di laureati e tasso di occupazione dei neolaureati.

Niente di tutto questo, faccende del resto grevi e poco radicali, questioni di bassa lega alle quali non possono dedicare tempo loro, che hanno la testa impegnata in questioni più alte e che, diciamolo, in fondo non richiedono di rimboccarsi le maniche o lambiccarsi il cervello.

Ma i collettivi sono straordinari soprattutto per l’assoluta lucidità nel rivendicare i diritti di tutti e in primo luogo i loro, perché anche chi protesta ha dei diritti e quando si presenta un bel ponte come quello del primo novembre, non c’è causa che tenga, non c’è trans, non c’è razzismo, non c’è fascismo, non c’è ecologia, non c’è capitale. Gli occupanti riavvolgono i sacchi a pelo e fanno sapere che se ne riparla il 4 novembre. Dopo il ponte. Sembra una barzelletta da cinepanettone, non lo è.

Quando si dice crederci fermamente e fortissimamente, essere intransigenti e irremovibili, ecco qua la messa in pratica. Insomma, irremovibili non proprio, ma non si può certo pretendere anche una protesta contro il calendario, che colpa ne hanno loro se c’è il ponte, le cause possono benissimo stare in piedi anche con il singhiozzo, si fanno una vacanzina al mare o in montagna, Ladispoli piuttosto che Roccaraso, che fa pure ancora caldino in questi giorni, e poi si vedrà, magari si rimettono ai posti di combattimento. Sempre se non sono troppo stanchi, questi ponti possono essere così sfiancanti, uno vorrebbe starsene con la baionetta, per dire, a difendere la propria causa e invece arrivano queste interruzioni infingarde che non ti permettono di rimanere concentrato sul futuro dell’umanità.

Si vergognino e buttino l’occhio a est piuttosto, in Iran, dove davvero sta avvenendo qualcosa di tragico, epocale e veramente rivoluzionario nello stesso tempo. E dove l’unico ponte che conta è quello da abbattere, quello che riporta al passato.

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