SE PROPRIO DOBBIAMO FAR RIDERE, VAI COL “SIGNOR GIORGIA MELONI”

La voglia matta, come quel film con Ugo Tognazzi e Catherine Spaak. A volte viene proprio una voglia matta, anzi, più voglie matte, ma non è sempre e solo libido, è che a volte scappa proprio la pazienza, per esser garbati e usare decoro.

Parole, parole, parole e ancora parole. Arriva questo bel comunicato, indirizzato a tutti i ministri e al “gabinetto”, griffato di tutto punto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e in calce dal Segretario Generale di Palazzo Chigi, Carlo Deodato, che dice, testuale, “Per opportuna informazione si comunica che l’appellativo da utilizzare per il Presidente del Consiglio dei Ministri è: Il Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Giorgia Meloni”.

Dimenticavo, sotto ci sono pure i Cordiali saluti.

Le voglie matte sono tante in effetti e, se possibile, si vorrebbe dire che questa storia del ministro – ministra, del presidente – presidentessa, del premier – premiera ha veramente rotto l’anima, al punto di diventare offensiva. Al punto di aver bisogno di un comunicato ufficiale che fornisce la prescrizione, al punto da indurre alla pernacchia, nostra, pedante e zelante a sua volta.

Non essendoci questioni prioritarie sul tavolo evidentemente, si decide che innanzitutto va sistemata la forma. Siccome la declinazione al femminile è ormai un obbligo correttamente politico e a quanto pare ineludibile ed essendo l’obbligo morale una prerogativa di sinistra, LGBT e presunti progressisti vari, i neoeletti pensano bene di smarcarsi e mostrarsi ancora più noiosi e molesti.

E allora via con la prescrizione, che a me fa proprio venire una e più voglie matte. Innanzitutto la voglia matta di usare la parola Presidenta, così, apposta, un po’ per sberleffo e proprio perché impresentabile. La voglia matta di chiamarla e rivolgermi a lei dicendole “senta Giorgia”, o ancora meglio “senta Meloni”, a seconda del lato del risveglio mattutino, se destro Giorgia, se sinistro Meloni. Ammesso che il lato sinistro ancora esista e sia praticabile.

Insomma, dopo poco la stessa Premieressa corregge il tiro e dice che ci si può rivolgere a lei a piacere, come si desidera, anche chiamandola Giorgia, e grazie della magnanima specifica e peccato che renda ancora più ridicola la prescrizione.

Tutto talmente superfluo, gratuito, ridicolo. Una polemica garantita, inutile e tuttavia figlia dei tempi. Volendo smarcarsi dal boldrinismo sfrenato, si rischia inevitabilmente il melonismo, dover per forza rimarcare che le desinenze di genere non sono una questione per il nuovo governo, al punto che serve una circolare per ricordare quali usare.

Un bel corto circuito. Bastava stare e zitti e lasciare che le cose filassero a modo loro ed eventualmente mettersi al lavoro. Nel caso avanzasse tempo.

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