LA NUOVA GUERRA DEL PRESEPE, LA PIU’ IDIOTA

di MARIO SCHIANI – Alla Lombardia non piace ‘o presepe? Scomodare Eduardo, per una volta, non è un luogo comune: alla Regione Lombardia, letteralmente, il presepe non piace. Non se proviene da Napoli, parrebbe, non se è il dono della Regione Campania governata dal folcloristico Vincenzo De Luca.

La notizia, corredata da un bel carico di indignazione, arriva direttamente dal Sud. La Campania ha organizzato l’operazione “Viaggio in Italia del presepe napoletano”, inviando nove manufatti natalizi “alla maniera del Settecento” ad altrettante Regioni italiane. Un’iniziativa di promozione dell’artigianato locale, un richiamo a una tradizione da tutti, o almeno da tanti, amata, nonché un appello alla solidarietà nazionale in questo frangente tormentato. Da parte di De Luca, diciamolo, anche un po’ di marketing “anema e core”, un evento-simpatia che si richiama a certe forme di populismo con le quali Napoli ha storicamente anticipato quelle, più fosche, tanto in voga oggi.

Ebbene, delle nove regioni invitate, solo la Lombardia avrebbe rifiutato l’invito a esporre il presepe napoletano. Per meglio dire: non lo ha accolto. La differenza, sottile, ci sta perché non risulta nessun documento ufficiale di rifiuto da parte dell’assessorato competente, quello al Turismo, affidato all’assessore Lara Magoni. Solo un silenzio, e un’apparente inazione, che di certo ha confermato, in molti napoletani, la convinzione, spesso dilatata fuori misura e alimentata dai media locali, che al Nord non ci sia per loro altro che disprezzo.

A “riscattare” la reputazione della Lombardia, ecco la città di Bergamo, che ha accettato il dono ricambiandolo con un messaggio conciliante del sindaco Gori: “Un gesto che unisce i territori ed esprime un messaggio di speranza in un momento di grande difficoltà collettiva”.

Ma attenzione: Gori fa appena in tempo a farsi bello, che alle accuse sottintese dalle notizie sul “gran rifiuto”, telegrafate in tutta concitazione da Napoli, replica indignata l’assessore Magoni: “Niente di vero, figuriamoci! Sono stata io a mandare il presepe a Bergamo, perché sono bergamasca e la mia città ha sofferto molto per colpa del Covid: penso di aver fatto un gesto importante, cristiano, di vicinanza a un territorio”.

Sacrosanta verità? Scusa riparatoria? Quel che constatiamo è che attorno al presepe – al presepe! – si va alzando un polverone alimentato dai soliti, altissimi, argomenti: voi del Nord siete razzisti; no, siete voi del Sud a fare le vittime. Viene persino da rimpiangere la tradizionale guerra del presepe ante-Covid, quando puntualmente saltava su qualche maestrina a mettersi contro il presepe a scuola, per rispetto delle altre religioni, eccetera eccetera.

Alla radice della nuova questione di oggi ci stanno poi le solite concordanze e discordanze politiche: la Regione di destra contro quella di sinistra, il sindaco amico e il governatore nemico. Sta di fatto che ancora una volta, qui, nessuno agisce mai al di fuori, e men che meno al di sopra, della casacca di appartenenza.

Anche stavolta il povero presepe diventa allora palcoscenico per l’ultimo atto di una farsa estenuante che nei mesi scorsi si è giocata, letteralmente, sulla pelle dei cittadini: campani e lombardi in egual misura. Ricordate? De Luca, proclamatosi sceriffo, polemizza con la Lombardia che, a suo dire, fa “ammuina”, e rifiuta sprezzante l’offerta di posti letto. Il governatore lombardo Fontana gli risponde che è “confuso”; Salvini tanto per calmare gli animi lo apostrofa come “gradasso” sostenendo che “ha portato la Campania sull’orlo della tragedia”.

E arriviamo così a Natale. Se prendere a pretesto il presepe per un litigio resta cosa oscena, è tuttavia un frangente che non può stupire più di tanto quando la corrente scuola politica, incoraggiata dalla stampa, non insegna altro che ad attribuire a se stessi sentimenti nobilissimi e agli avversari intenzioni abominevoli.

Bergamo, naturalmente, è sede degnissima per un presepe, ma anche a Milano ci sarebbe stato bene, anzi benissimo. Perché il messaggio sotteso, magari furbesco, magari un po’ ipocrita, parlava di conciliazione, di solidarietà tra grandi Regioni italiane: perché pasticciarlo? Per non prestare il fianco a un’operazione di marketing intrapresa dal nemico? Oppure nel timore che il presepe donato rappresenti una sorta di invasione etnica, una contaminazione di genti e culture, un cavallo di Troia della napoletanità?

A Milano il presepe ci sarebbe stato a meraviglia perché è una città che rappresenta l’essenza di una terra, quella lombarda, storicamente fatta dal contributo di tanti diversi.

Riaffermare, sia pur tacitamente, certe insensate spaccature geosociali, da Nord come da Sud, è oggi insensato e sciocco, tanto più se a pretesto si prende un presepe. L’unica obiezione al presepe oggi ammissibile è che rappresenta di fatto un assembramento, e gli assembramenti in zona rossa sono vietati. Altra ragione per negarsi un presepe non è data, a meno che non si vogliano addurre presunte inopportunità di esibizione dei simboli cristiani, e non pare il caso. Insomma, il posto giusto per il presepe di Napoli era forse proprio Milano: esso celebra infatti la nascita di Cristo e dei tanti poveri Cristi che, nei millenni, sono sempre stati accolti nell’una come nell’altra città.

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