LA FESTA DI CERTI PAPA’

Al netto dei rituali stanchi e dovuti, al netto delle speculazioni commerciali, potrebbe essere la Festa di certi papà.

Per una volta, non avviamo nemmeno la stucchevole discussione sul ruolo in declino del padre, su questa figura usata tantissimo in psicanalisi e dopo tutto anche nella vita quotidiana, più come assenza o inadeguatezza, per la verità, comunque di certo molto discussa. Quando il figlio è problematico, “si vede che manca la figura del padre”. Quando il padre c’è, “si vede la presenza ossessiva del padre”. Lasciamo perdere, lasciamo stare. Non è facile essere figli, non è facile essere madri, ma non è un ballo in maschera nemmeno essere padre: in certi momenti ti vogliono ancora capofamiglia, guida ferma e indomita, che trasmetta tranquillità e sicurezza nelle burrasche di casa, in altre ti vogliono defilato e remissivo, lontano dal centro, debitamente a lato e magari a bocca chiusa, perchè certe faccende non ti devono riguardare. Dovresti esserci e non esserci. Un po’ bancomat e un po’ aguzzino, un po’ Peter Pan e un po’ inaffidabile, il padre non va mai bene così com’è, questa la verità. Con una prerogativa tutta sua: da come s’è messo a girare il mondo, tra grandi attenzioni pietistiche alle minoranze e alle diversità, il padre è l’unico a non avere diritto di parola. Tanto meno di lamentela. E allora non resta che chiedersi se abbia senso tenere ancora in piedi la Festa del papà, rituale da finto Mulino Bianco in una lunga fila di giorni che ci trova più o meno sempre davanti a un plotone di esecuzione.

Meglio, molto meglio sfruttare la data per istituire la “Festa di certi papà”. A spiegare il senso riesce molto meglio di me Tiziano Luconi (nella foto), che abbiamo conosciuto a settembre, precisamente il 15, quando l’apocalisse sommerse la Marche sotto un’alluvione biblica. Così oggi quel papà: “Un bacio e un abbraccio in sogno”. E’ il regalo che si aspetta per la prima Festa del papà in cui papà non è più. Il suo Mattia, come tutti ricordiamo, se l’è portato via il fango in quella giornata d’inferno. Aveva 8 anni ed era l’unico figlio di Tiziano, papà separato.

Nessuno ha mai inventato un termine per definire un genitore rimasto senza il figlio, qualcosa che illustri il contrario dell’orfano (e forse proprio questo è il segno più evidente di quanto sia atroce e contro natura piangere un figlio). Oggi sono in tanti nelle condizioni di Tiziano: per figli morti che non vedranno mai più, ma in fondo anche per figli che ci sono ancora ma che non è più concesso loro di vedere, frequentare, crescere, in base a sentenze del giudice. Sono padri mutilati, padri che sentiranno questa giornata come una pena e magari anche come un’insanabile umiliazione.

Da parte sua, Tiziano continua a cercare un motivo per tirare avanti facendo ancora l’educatore in una comunità per minori immigrati non accompagnati. Un modo alternativo per sentirsi sempre un po’ padre, padre di tanti figli, cullando nel segreto dei più intimi tumulti la nostalgia per l’unico figlio suo, portato via dall’onda di piena.

Se una Festa del papà ha ancora un senso, ce l’ha per tutti i Tiziano che oggi hanno solo voglia di piangere. La Festa di certi papà, che vorrebbero esserlo senza poterlo più.

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