Ho capito tutto: in questo marzo che sembra giugno, di questo 2023 che sembra il 1023, quanto a barbarie, posso dire di aver finalmente capito come si fa ad avere successo in politica. Anzi, come si fa ad avere successo tout court.
La regola numero uno è sovvertire le regole. Mi spiego: se, fino a un po’ di tempo fa, essere di sinistra significava lottare per i diritti dei poveracci, per il salario, la settimana inglese, la pensione, oggi essere di sinistra vuol dire esattamente il contrario. Bisogna piacere alle starlette televisive, ai manipolatori di consensi, ai parolai arricchiti: in altre parole, oggi, la sinistra piace ai parvenu.
La regola numero due, invece, è rivendicare come assoluta normalità ogni cosa che sia anormale, illegale, asociale: sposarsi con un frigorifero, liberalizzare il crack, imbrattare monumenti antichi con la zuppa di ceci. Fino a un po’ di tempo fa, la sinistra predicava la più austera delle vite familiari: oggi, farebbe adottare un bambino anche da una coppia di stambecchi. Maschi.
La regola numero tre è strillacchiare: non strillare e neppure sussurrare, proprio strillacchiare. Alzare di un semitono il proprio timbro naturale, simulare un qualche disprezzo e lanciare anatemi incomprensibili, col tono di un Papa che benedice urbi et orbi. Fino a un po’ di tempo fa, la sinistra si distingueva per i modi signorili con cui contestava gli avversari: Berlinguer, Napolitano, Craxi, erano modelli di aplomb comunicativo, al cui confronto Aldo Moro pareva un descamisado. Oggi, la sinistra va in televisione a tenere il muso, a fare le faccette, ad alzare le sopracciglia, con un repertorio di microcontumelie nella faretra. Signori, oggi la sinistra è questa. Oppure, ad libitum, non esiste più: perché se questa qui è la sinistra, è meglio che chiudiamo bottega e torniamo alla monarchia.
L’ultima delle vestali di questo carro di Tespi è la signora Pascale, che, per mantenere viva e vitale quella parvenza di celebrità che si conquistò accoppiandosi con Berlusconi, oggi va proferendo apoftegmi a carattere politico, da far venire la pelle d’oca a Platone e a tutta la sua benedetta Politeia. Che volete che vi dica? A me questa Pascale sta particolarmente antipatica: lo ammetto. Già non mi piacciono le finte bionde: le finte pasionarie, poi, mi gettano proprio nello sconforto.
Insomma, questa, prima ha fatto la fidanzata del Berlusconi, che potrebbe essere suo bisnonno, sciroppandosi le moine dello spiacevole cagnetto e le carezze del vegliardo: poi, in vena di capriole, si è sposata con l’incolpevole Turci, non senza aver cercato un discreto chiasso per tutta la faccenda. Una gabbamondo, avrebbe detto Kafka. Adesso, intervistata, non si sa perché, in occasione di una manifestazione pro LGBT, si è abbandonata ai due pezzi forti del repertorio: una sperticata ammirazione per Elly Schlein e un’altrettanto sperticata avversione per la destra, omofoba, sovranista eccetera.
Ora, mi viene da dire, con sincero rammarico, che la sinistra stia davvero raccattando il peggio del peggio, in termini di consenso: avere come sponsor la Ferragni o questa Pascale, va bene per un marchio di mortadelle in seconda serata, non per l’opposizione di un Paese civile. E la Schlein, sorvolando sui suoi millanta controsensi socio-politici, piace a questa gente qua, senza che nessuno, a ovest di Paperino, sembri accorgersene. Magari, se ne accorge Rizzo, simpatico comunistone vecchio stile: ma quelle damine pittate, che vanno a cinguettare in televisione, sono passate dal virile Bonaccini alla virile Schlein senza fare un plissé.
Forse, ci vuole uno come me per rimpiangere i tempi andati, quando uno di sinistra poteva anche dire sciocchezze tanto quanto, ma, perlomeno, erano sciocchezze coerenti e comprensibili. Forse, ci vuole una come la Pascale per sbattere in faccia al popolo di sinistra i propri giganteschi equivoci. E per fortuna che Dudù, al massimo, può abbaiare e scodinzolare: sennò, sai che interviste fiume.