LA DITTATURA DELLO ZERO TERMICO

“Alla ricerca dello zero termico perduto”, potrebbe essere il titolo di un docu-film sull’ennesimo dato del riscaldamento globale. Abbiamo dovuto imparare anche questa nozione, che recita “lo zero termico è il dato meteorologico che indica l’altitudine alla quale la temperatura nella libera atmosfera è di zero gradi Celsius. Al di sopra di tale altitudine la temperatura è generalmente inferiore allo zero”. In parole povere, quando si dice fa un freddo cane.

La differenza sostanziale è che tanti anni fa questa espressione la usavamo in città, nelle pianure, nelle valli, adesso per dirlo bisogna salire fino a 5.328 metri. Ormai non ci stupiamo più se sulla Marmolada ci sono 18 gradi e ci possiamo mettere in canotta, però bisogna consultare la cartina per scoprire che dobbiamo viaggiare per almeno 2.600 km e scalare il monte Elbrus nel Caucaso, l’unico che raggiunge quelle quote nel continente europeo, per sentire un po’ di sana frescura. Sul Monte Bianco tuttalpiù ci prendiamo una granita al limone. Per non parlare dell’inversione termica, altro fenomeno di cui ci riempiamo la bocca per dire che fa più freddo a fondovalle che sulla cima delle montagne. Quando parliamo sembriamo tutti arruolati nell’aeronautica militare.

In mezzo alle notizie ormai giornaliere di un pianeta che si surriscalda e di ghiacciai che si squagliano, di calotte polari che rimpiccioliscono e si ssciolgono nel mare, c’è anche lo spazio per i nostalgici amanti della neve, che leggono una tale drammatica situazione con la leggerezza delle emozioni: meglio cominciare a conservare con cura i ricordi di come era bello e naturale sentire freddo d’inverno e andare a sciare su montagne ammantate di bianco, ed è consigliabile portarsi avanti per fare in fretta le ultime esperienze, prima che tutto scompaia in una ventata di aria calda.

Gli amarcord possono essere dolorosi e gioiosi allo stesso tempo. Basta chiudere gli occhi e tutto appare come in un film in bianco e nero  “… forza, è fine ottobre, dai che prepariamo gli assi, domani si parte con la corriera, ci vediamo alla stazione alle 7, caspita nevica già adesso andando là a piedi con gli sci in spalla, meglio, chissà, ci saranno due metri di neve, devono mettere le catene, un po’ di pazienza, finalmente siamo arrivati, prendiamo la seggiovia, ci dà per favore la coperta da mettere sulla gambe, non si vede niente ma è bellissimo, sciamo quasi in neve fresca, oggi niente pausa ci mangiamo i panini della mamma, dov’è Mario, si è già fermato quel debosciato, batti le mani con guanti altrimenti congeliamo, certo che era meglio il paraorecchie per ripararsi da questo vento gelido, fa niente ci scalderemo poi al bar con un bel grappino e la polenta taragna, dai sfruttiamo il giornaliero e sciamo, questi calzettoni sono troppo leggeri ho i piedi bagnati, gli attacchi degli sci sono ghiacciati faccio fatica ad aprirli, stai attento a non salirmi sulle code che mi rovini la serigrafia nuova, speriamo che una valanga blocchi la strada così ci facciamo una settimana bianca gratis e saltiamo scuola, stasera prima di partire ci facciamo una bella cioccolata calda con la panna, non prima di esserci presi a pallate di neve, sai che Marco è riuscito a centrare l’altro giorno un cartello a cinquanta metri di distanza, un vero fenomeno…”.

Lo zero termico era un perfetto sconosciuto e nessuno poteva neanche lontanamente immaginare che ci potessimo ridurre così, a guardare impotenti l’ultimo mondo innevato e incantato, destinato impietosamente a liquefarsi come un pupazzo di neve al sole di ferragosto. Chi ci ridarà tutto questo?

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