LA CULTURA DA RETROBOTTEGA DI BONOLIS E DELLA SIGNORA DIRETTRICE

Bonolis e la direttrice d’orchestra: dopo Totti-Ilary, dopo i Ferragnez, ha dunque preso il via una nuova querelle che ci accompagnerà per giorni.

Durante la serata che consegna a Pesaro la fascia di capitale della cultura per il 2024 si esibisce un’orchestra tutta al femminile, diretta da Francesca Perrotta. Bonolis è quel che è, uno che trasforma in macchietta tutto quel che tocca e lo sappiamo. Se può essere sboccato non perde occasione, l’eleganza e la finezza sono intoppi che evita senza esitare e nella serata pesarese commette un paio di imperdonabili scivoloni, visti i tempi che corrono: chiama ripetutamente “signora” anziché “direttrice” Francesca Perrotta, e si permette persino di definire sexy una percussionista dell’orchestra.

La polemica sta tutta nelle parole, che sono importanti, che cambiamo, che cambiano e ci cambiano, ne sono convinto e consapevole, ma nella fattispecie viene il sospetto che ci sia più di una cosa fuori posto. Innanzitutto quel “signora”, ritenuto denigrante. La direttrice dice che Bonolis mai si sarebbe rivolto a Riccardo Muti chiamandolo “signor Muti” e trattandosi di Bonolis io non ne sarei così convinto. Lei non corregge subito il presentatore, ma se davvero lo riteneva così avvilente perché non fare più fracasso in diretta? Non voleva disturbare e non voleva turbare l’armonia della serata? Non voleva screziare l’evento che vedeva presente anche il Presidente della Repubblica? Peccato, visto il seguito non ci sarebbe dispiaciuto un po’ di trambusto in più, per una volta non in differita.

Capisco un po’ Francesca Perrotta in realtà e non mi dilungo sull’apprezzamento nei confronti della percussionista sexy, che mi pare inevitabile considerata la fonte, però in fondo quel “signora” non vale tutto questo can-can. Non lo vale perché non vi è offesa e non lo vale proprio per chi lo pronuncia.

Si può sorridere e dirigere signorilmente e passare oltre io credo. Non è che lui non sapesse cosa avrebbe innescato, il gioco sta proprio nell’impersonare la macchietta di turno. Dice “signora” proprio perché il meccanismo prevede che lo stereotipo non ammette la direttrice al posto del direttore e se la ammette vien prima la signora e tanto meglio se sexy. Ma è un gioco, logoro e ormai sfiatato, ma sempre un gioco, non esattamente un bellicoso Bandecchi.

Lo sappiamo, Bonolis ha la sindrome del mattatore, sia pur di bassa lega, e semmai gli interrogativi sono altri. Qual è il nesso che lo lega alla cultura, visto che di quello si parlava nella serata in questione? Chi può stupirsi di una paio di uscite come quelle, da Bagaglino, in fondo innocenti e prevedibili? Chi lo ha messo su quel palco?

La verità è che Bonolis a condurre la serata per la Capitale della cultura dice della pochezza e della banalità di una tale investitura.

Cultura come eventi a effetto, luccicanti, sfavillanti, fuochi fatui che fanno il botto, ma quanto incidono sul pensiero e sulle menti di una comunità? Vale a Pesaro come a Bergamo, a Brescia e ogni altra capitale che è stata e sarà.

Fare cultura non fa necessariamente rumore, anzi. E nemmeno ha bisogno di beceri testimonial. Ma neanche di noiose direttrici che la fanno lunga col femminismo di maniera.

Fare cultura ha bisogno di grandi uomini, di Signori e certamente anche di Signore.

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