JANNIK FENOMENALE ANCHE DAVANTI A UNA PORCHERIA

Perdo, dunque sono. Sì, capita anche a Jannik Sinner di lasciarci le penne, una su venti…

C’è modo e modo, come in tutte le cose, e ancor m’offende quello di Montecarlo. Nel set decisivo della semifinale contro il greco Tsitsipas, l’italiano è avanti 3-1 e conduce il quinto game 40-30: volerebbe sul 4-1 se una risposta dell’avversario fuori di almeno 10 centimetri, non fosse chiamata “buona” dall’arbitra e dal giudice di linea.

La reazione del tennista italiano è impercettibile, all’inglese: fa segno con la mano che la palla era uscita di un pezzo, ma l’arbitra non scende dal seggiolone (come di norma si fa in questi casi) e si va avanti. Tsitsipas recupera, poi va a vincere la partita anche perché nel frattempo Jannik ricorre alle cure del fisioterapista, assalito dai crampi, Sinner, non il fisioterapista.

“Il nervosismo qualche volta si riflette sul fisico”, dirà alla fine, composto, educato come sempre. “Arbitrare non è il mio mestiere, ma come sbaglio io possono sbagliare loro. Certo, un errore così mi ha un po’ innervosito”. Ma lui, che non si lascia andare alle sceneggiate tipo Rune il giorno prima, ha scaricato la tensione sul suo corpo e alla fine i crampi lo hanno condizionato.

La gara in quel momento aveva preso un’ottima piega, “tecnicamente e tatticamente”, poi il vento è cambiato e il greco ha giocato benissimo gli ultimi games, contro Sinner chiaramente frastornato.

Né scusanti né alibi, secondo copione. Secondo il suo stile. Nei tornei sulla terra rossa la tecnologia, il cosiddetto “occhio di falco” che può essere chiamato dai giocatori in circostanze come quella descritta, non c’è (contrariamente a quelli sul sintetico e sull’erba) proprio perché l’occhio umano è considerato sufficiente.

Nel 2024 dunque c’è l’eventualità di incappare in errori marchiani come questo (ma dal prossimo anno le telecamere saranno in funzione anche sulla terra battuta) che hanno finito con l’indirizzare la semifinale.

Detto dei meriti di Tsitsipas, balzato fuori dall’abisso in cui stava precipitando, e considerate le attenuanti generiche di Sinner, cui lui stesso si è aggrappato, perdere qualche volta rende più umani i robot apparentemente avulsi come il nostro fuoriclasse, che solo il giorno prima – contro il nevrotico Rune – aveva conservato intatto il suo aplomb, saltellando e facendo stretching mentre quello inveiva contro il pubblico e contro l’arbitro.

Si ripartirà da questo ennesima lezione, da questa nuova esperienza: a 23 anni (il prossimo 16 agosto) tutto aiuta a crescere, persino chi sembra le abbia già viste e vissute tutte arrivando al vertice. Da uomo e non, appunto, da robot.

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