I numeri sono tutti significativi e impressionanti per certificarne la crescita negli ultimi 2 anni: Jannik Sinner ha migliorato sotto tutti i punti di vista, nessuno escluso. Dalla battuta alla risposta, dalla percentuale di vittorie alla potenza (e la precisione) del servizio, dai tornei vinti alla scalata fino al n.4 del mondo.
Basta semplicemente essere appassionati, non serve essere o non essere intenditori di tennis: grazie a Jannik, ma anche alla generazione italiana – numerosa e di qualità – che sta attraversando quest’epoca, è cresciuta la folla di tecnici ed esperti. Di tifosi. Per amare Jannik è sufficiente amare lo sport, basta e avanza.
Il cerbiatto rosso è l’estrema sintesi dell’evoluzione tecnica e mentale del fuoriclasse, passata attraverso una lunga serie di scelte azzeccate, di sacrifici ponderati. La prima, quella tra gli sci e la racchetta: troppo lunghi gli allenamenti sulla neve rispetto alla durata delle gare, troppo ridotte le possibilità di correzione e recupero in situazione di svantaggio.
A 8 anni passò dalle piste ai campi in erba, cemento, terra battuta. A 14 anni lascia la sua terra di origine, San Candido, per spostarsi a Bordighera, più adatta al lavoro dello sportivo con in testa il professionismo. Un anno e mezzo fa si separa dal fidatissimo allenatore Riccardo Piatti per Darren Cahill: vuole evitare la ripetitività, la routine, desiderando migliorare in alcuni aspetti in cui è più debole. Fisicamente sembrerebbe in apparenza lo stesso fiammifero di qualche tempo fa, se lo metti vicino ad Alcaraz per esempio sembrano un pugile e un maratoneta.
Martedì sera alle ATP Finals di Torino, nella appassionante, interminabile sfida al n.1 Nole Djokovic davanti a 12.000 spettatori e con record di ascolti televisivi tra Rai2 e SkySport, bastava osservare muscoli e conformazione delle gambe del serbo rispetto alle sue, per restare basiti. Ha sorpreso, semmai, l’atteggiamento infastidito e fastidioso di Nole rispetto al tifo chiassoso del pubblico: vero che spesso lui la butta in caciara quando è in difficoltà, ma per uno che ama l’Italia e gli italiani avrebbe dovuto essere un elemento preventivo, che invece non ha gradito rispondendo polemicamente con gesti e proteste. Tutto vano: ha vinto Jannik demolendolo punto a punto, 7-5 6-7 7-6, per dire dell’equilibrio e della scientificità dell’italiano.
Nonostante le apparenze strutturali, Sinner è potenza, resistenza, forza mentale straordinaria, intelligenza, tecnica… Tutte doti raggruppate in quella gracile macchina da combattimento sportivo che – secondo molti – lo porteranno presto in vetta alla classifica del mondo.
Persino nella sostanza delle sue interviste è ora palpabile la sua maturità, la sua crescita, il suo senso di responsabilità verso sé stesso e chi lo ama.
Non mancano i critici, come potrebbe? Tennis piatto, quello di una volta era altra roba, poche concessioni all’estetica. Refrain ripetitivo ormai dai tempi di Bjorn Borg. Ce l’abbiamo noi: coccoliamolo e teniamocelo stretto, perché Jannik Sinner è uno che le frustate e gli stimoli se le dà e se li trova da solo.